Daspo urbano? Serve certezza della pena

La 'Nazione' risponde ai lettori

Alessandro Antico

Alessandro Antico

Firenze, 7 luglio 2017  - Ho letto che adesso ci siamo inventati il ‘daspo urbano’ per cercare di arginare il fenomeno della criminalità ormai dilagante nelle nostre città. «Tutto fa brodo», si dice, ma ho la netta sensazione che si chiuda la stalla quando i buoi sono ormai scappati. Ci vorrebbe un intervento alla radice.

Carmine Diodato, Massa

Gentile Signor Diodato, è vero: l’istituto del ‘daspo urbano’ è l’ultimo arrivato fra quelli pensati per far fronte al problema della criminalità e dell’offesa al decoro delle nostre città. Attenzione, non è un foglio di via obbligatorio dalla città: per l’esattezza, è un provvedimento che vieta al soggetto di avvicinarsi a una determinata zona, a un determinato quartiere, perfino a una precisa strada. In questi giorni viene applicato in particolare a Pisa, nella zona della Stazione, dove risse, aggressioni e accoltellamenti sono all’ordine del giorno. Si tratta di una misura ‘civile’ e, nell’intenzione, deterrente al tempo stesso. Ma nessuno ha la ricetta giusta per risolvere la questione della microcriminalità (che poi tanto micro a volte non è) che gonfia di lacrime i nostri centri storici. Il provvedimento più efficace, a mio modestissimo avviso, resterebbe solo uno: la certezza della pena. Devi scontare 4 anni di carcere per una rapina? Li fai. Dentro. Ma non capisco, caro Signor Diodato, e un po’ mi preoccupa, che cosa voglia dire con quel suo «intervento alla radice».

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