Il settore della moda è in crisi: "Export in calo nel quadrimestre. Aumenta la cassa integrazione"

Le associazioni di categoria critiche dopo il vertice al Ministero. Servono aiuti immediati dal Governo. Sequi lancia l’allarme: "Bene l’ipotesi transattiva avanzata, ma la percentuale da versare è troppo alta" . .

Il settore della moda è in crisi: "Export in calo nel quadrimestre. Aumenta la cassa integrazione"

Uno stand con le ultime novità alla fiera della calzatura (foto d’archivio)

Nel primo quadrimestre del 2024, il comparto accessori moda ha registrato un calo dell’export pari al 7,9% rispetto ai primi quattro mesi dell’anno precedente. E sono in contemporanea aumentate le ore di cassa integrazione guadagni, ormai inferiori per quantità solo a quelle autorizzate in piena pandemia: serve un intervento del Governo Meloni, per evitare che il quadro si complichi ulteriormente. Lo sostengono i rappresentanti di Confindustria Moda (la Federazione che oggi rappresenta Assocalzaturifici, Assopellettieri, AIP Associazione Italiana Pellicceria e Unic concerie italiane) dopo aver illustrato un quadro particolarmente critico nel quinto incontro del "Tavolo della Moda" svoltosi un paio di giorni fa a Roma, alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.

"Le imprese della filiera pelle e accessori moda stanno attraversando un periodo difficile e per questa ragione occorre che le associazioni lavorino con il Governo per trovare soluzioni di supporto – ha dichiarato Claudia Sequi, in rappresentanza di Confindustria Moda – il nostro comparto, composto da circa 11.500 aziende per un fatturato complessivo pari a circa 33 miliardi di euro l’anno, vive un momento complesso che ci porta a dover affrontare situazioni per certi aspetti inesplorate. Abbiamo illustrato le problematiche legate ai fenomeni inflattivi e all’incremento dei tassi d’interesse da parte della Bce: le imprese non ce la fanno, rischiano di chiudere. E unite a un contesto geopolitico difficile, c’è il rischio che ci facciano perdere quel manufatturiero di cui andiamo fieri". Le associazioni di categoria hanno snocciolato numeri preoccupanti, facendo presente come le anticipazioni Istat relative al mondo della pelle abbiano mostrato lo scorso maggio una diminuzione delle vendite all’estero del 10% rispetto ai medesimi trentuno giorni del 2023. Un ’segno meno’ che potrebbe portare il cumulato dei primi cinque mesi attorno ad un -8,5% rispetto al periodo gennaio-maggio dello scorso anno. Il crollo repentino nei livelli produttivi, già in corso nell’ultimo scorcio del 2023, ha portato inoltre ad una brusca impennata nel ricorso agli strumenti di integrazione salariale. Nel primo semestre del 2024 è stato segnalato un aumento nel numero di ore di cassa integrazione pari al 138,5% in più del medesimo lasso di tempo dello scorso anno (ne sono state autorizzate poco meno di 18 milioni di ore, contro i 7,5 milioni del gennaio - giugno 2023). Tre le misure proposte dal governo per venire incontro alle imprese del settore, a quanto pare: riscadenzamento del debito, provvedimento normativo volto a risolvere la questione del credito d’imposta R&S e pieno riconoscimento degli ammortizzatori sociali. E se sulla prima Confindustria Moda concorda, sulla seconda viene chiesto uno sforzo in più e sulla terza si fa presente come molte imprese abbiano già esaurito gli ammortizzatori sociali.

"Abbiamo accolto con favore l’introduzione dell’ipotesi transattiva mediante il riconoscimento di uno strumento ’a saldo e stralcio’, ma l’annunciata percentuale del 50% dell’importo da riversare non è realistica – ha concluso Sequi – lavoreremo per portarla vicina al 30%. Senza l’intervento del governo la tenuta del sistema è a repentaglio: rischiamo di perdere competenze e qualità. E con esse, decine di migliaia di posti di lavoro".