Una lezione contro gli slogan

Conte e Draghi a confronto

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 4 aprile 2021 - Nei giorni che hanno preceduto questa Pasqua, la seconda in pandemia, la seconda da reclusi, ho ricevuto, come credo quasi tutti voi, una serie di messaggi che avevano più o meno lo stesso tenore. Parafraso: auguri per un futuro senza più il Covid e i suoi disastri, auguri perché presto ne verremo fuori. E per fuori ovviamente si intende: dalle chiusure, dalle zone a colori, dai divieti, dalla paura di contagiarsi, ammalarsi, morire. Ricordo che un anno fa, per la Pasqua 2020, il tenore dei reciproci auguri non era diverso. All’epoca a confortarci c’era ancora l’ingenua idea che il virus fosse tutto sommato un male di stagione, destinato a esaurirsi con l’arrivo dell’estate. 

Oggi a confortarci ci sono i vaccini, pur coi loro ritardi e il loro strascico di scandali e polemiche. All’epoca a farci arrabbiare c’era il governo Conte, col suo lockdown e i suoi consigli dei ministri notturni, coi suoi Dpcm dell’ultimo minuto. Quest’anno c’è Draghi con un governo che, a conti fatti, non è per ora tanto dissimile dal precedente: tolta la cornice, la sostanza è ancora lontana dal segnare il tanto auspicato cambio di passo. Sul fronte sanitario, il disarcionamento di Arcuri non è bastato a dare la svolta a una campagna vaccinale che stenta a prendere quota.

Certo, è un male comune nell’Unione Europea, bacchettata perfino dall’Oms per i vergognosi ritardi. Ma il generale Figliuolo non sta riuscendo a imprimere quell’accelerata che doveva passare anche da una centralizzazione della macchina organizzativa. Le Regioni continuano ad andare in ordine sparso, con i problemi che abbiamo raccontato anche in Toscana. Mentre la questione anziani, la questione fragili, la questione furbetti, marchia il nostro Paese come uno tra i meno attenti a un tema che, oltre che sanitario, è soprattutto morale.

Anche sul fronte economico trovare le differenze tra Conte e Draghi è al momento un’impresa da settimana enigmistica (avete presente il gioco: trova le differenze?). L’ultimo decreto ha cambiato nome – sostegni al posto di ristori – ma ben poca sostanza. Stanziando cifre insufficienti a coprire le voragini che commercianti e imprenditori patiscono per colpa della pandemia. Mentre la stretta sulle chiusure, inevitabile per fronteggiare la terza ondata in mancanza dei vaccini, sta finendo per scontentare le categorie esattamente come nella vita precedente, quella del governo giallorosso.

E allora, è tutto sbagliato? No, affatto. Ma quello che sta accadendo ci insegna che per cambiare le cose bisogna scontrarsi con una complessità ben superiore ai facili slogan della politica, alle diatribe ideologiche, ai colori di partito. E la pandemia ce lo sta facendo vedere, ogni santo giorno, Pasqua compresa. Augurandoci la resurrezione.