Le vere intese non si fanno a tavolino

Verso il voto: niente accordo Pd-M5S

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze,  23 agosto 2020 -  Negli ultimissimi giorni abbiamo riscoperto l’esistenza dell’acqua calda. E cioè che il Pd e i 5 Stelle sono due partiti (anzi, pardon, sono un partito e un movimento) che a fronte dell’anno ormai trascorso gomito a gomito nelle stanze del potere romano hanno poco a che spartire l’uno con l’altro nel sentire degli elettori. Di chi, insomma, in quel partito e in quel movimento si è identificato e ha creduto. Il Pd: nato nel 2007 dall’eredità di due espressioni politiche che arrivavano dalla prima repubblica. Il Movimento 5 Stelle: nato nel 2009 dall’urlo di piazza di Beppe Grillo che vaffanculeggiava con le vene del collo infuocate proprio quel Pd e tutto ciò che quel Pd e la sua classe politica rappresentavano.

Negli ultimi giorni abbiamo riscoperto anche un’altra cosa di cui in realtà eravamo già consci: che governare insieme significa perseguire scopi comuni (in questo caso lo scopo era manifesto: non tornare al voto), non necessariamente condividere ideali e visioni. Nei suoi primi 12 mesi di vita il governo giallorosso è stato senza dubbio accidentato, senza dubbio funestato dalla pandemia del secolo. E, senza dubbio, il frettoloso accordo necessario a varare il cambio di maggioranza a Roma (era il 5 settembre 2019) sta mostrando i suoi punti deboli nei principali dossier finiti sui tavoli di Palazzo Chigi: dall’ingarbugliata gestione del nodo Autostrade, agli imbarazzi sul Mes, alla legge elettorale ancora al palo e che ora rischia di mettere in crisi anche l’intesa sul referendum sui parlamentari. A ricordarci che tra Pd e 5 Stelle in fondo di questo, solo di questo e di nient’altro si tratta, e cioè di ragioni di Governo e non di ideali, ci ha pensato forse involontariamente il presidente del consiglio Giuseppe Conte, proponendo a tre giorni dalla chiusura delle liste elettorali per le Regionali una rinnovata intesa tra il partito e il movimento. Il risultato: un clamoroso boomerang. Con Crimi che ha di fatto smentito il premier e i rappresentanti locali del movimento (in Toscana come nelle Marche e come in Puglia) che sono saliti sulle barricate. Lontano dai palazzi romani, nei territori, nelle regioni, nei comuni, ci hanno pensato gli esponenti del Pd e dei 5 Stelle a ricordare che costruire a tavolino un’alleanza elettorale quasi fosse un innesto chirurgico suona come l’ennesima offesa a un elettorato smarrito. Forse un’intesa si potrà trovare, forse davvero può esserci una corrispondenza fra il partito democratico e il movimento che fu di Grillo. Sarebbe sbagliato e miope escluderlo a priori, vista la volatilità con cui la politica si forma e si trasforma al giorno d’oggi. Ma bisogna pur partire da una visione comune. E non può essere quella molto comoda della poltrona.