I partiti alla prova di lealtà

Le incognite di Draghi

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 7 febbraio 2021 - Sulle amarezze dell’Italia afflitta dal Covid suona, da ieri, la campana dei responsabili. Non già quelli evanescenti evocati da Conte due settimane fa, ma i tanti pronti a sostenere senza se e senza ma (o quasi) il professor Mario Draghi. A tarda mattina un Salvini responsabilissimo ha così citato i governi Parri e De Gasperi quali esempi della metafora pandemica: oggi come nel 1945 l’Italia deve ricostruire sulle macerie. E dunque sì all’unione di forze, alla fiducia l’uno nell’altro.

E nel pomeriggio un Crimi altrettanto responsabilissimo ha dichiarato: "Ci saremo", mettendo apparentemente fine al travaglio pentastellato sul nuovo uomo-forte che potrà ancora una volta salvarci da noi stessi. L’archetipo del condottiero-salvatore è del resto tutt’altro che nuovo alle cronache patrie: siamo tanto facili all’entusiasmo per tutto ciò che è nuovo quanto rapidissimi nel detronizzarlo quando non è più utile allo scopo.

Oggi la politica dei partiti non deve commettere l’errore di bruciare ancora una volta chi si mette al servizio del Paese. È già accaduto con Monti, che all’inizio veniva osannato perfino per il look – ricordate le varie omelie sul sobrissimo elegantissimo loden? – e che alla fine è stato condannato a una violenta damnatio memoriae. Si è detto spesso in questi giorni che Draghi non è Monti, e che l’Italia di oggi si trova nella condizione opposta a quella che toccò in sorte all’ex commissario europeo: Monti doveva tagliare, Draghi dovrà spendere. Ma avrà comunque bisogno di un sostegno autentico da parte dei partiti che in queste ore stanno spassionatamente dichiarando di volerlo appoggiare, disponibili in alcuni casi a spericolate inversioni a U anche rispetto a tutto quanto avevano predicato fino a pochissimo tempo fa.

È vero: il governo della pandemia deve essere politico e non tecnico, ma politico nel senso più alto del termine. Non certo quello gattopardesco, che a voler pensar male si continua a sentire in sottofondo quella famosa frase del Borbone diventato Savoia, quasi un’eco: "Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica in quattro e quattr’otto. Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi".