Rsa fuori controllo. Così muoiono gli anziani dimenticati

L'editoriale della direttrice de La Nazione

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 5 aprile 2020 - Quando tutto questo sarà finito, quando dovremo fare l’ultima conta dei morti e arriverà il momento dei bilanci, forse solo allora potremo dirci con la necessaria chiarezza che il coronavirus è stato la strage degli anziani. Ogni guerra ha le sue vittime, e di questa le vittime sono i nostri nonni o, per i meno giovani, i nostri genitori. 

Fra tutti c’è un aspetto che più mi stupisce: il freddo cinismo con cui snoccioliamo questi numeri, questi dati. Lo fa la protezione civile, lo fanno i politici, lo facciamo noi giornalisti. Diciamo: «Oggi 800, 700, 650 morti. Ma – e a questo punto c’è sempre un Ma, e lo pronunciamo con sollievo – avevano più di 80, 85, 90 anni».

Il coronavirus ci ha smascherati: non tutti i morti valgono allo stesso modo, anche se finora credevamo di fare parte di una società che ripugnava almeno sulla carta le distinzioni basate sull’età e sulla salute. 

La strage degli anziani – siamo a 15mila morti in appena un mese e mezzo – raggiunge il suo apice in quello scandalo sociale e sanitario che si sta consumando nelle Rsa, nelle case di cura, nei centri riabilitativi per disabili o per anziani. Da Nord a Sud il bollettino dei contagiati dentro a quelle strutture che si trasformano giocoforza in carceri – i parenti che non possono entrare, i degenti che non possono uscire, la difficoltà di sapere, di raccontare, di curare – è da pelle d’oca. Oltre all’inevitabile sensazione che non venga fatto tutto il possibile per salvare i nostri nonni, i nostri «più deboli». Mentre gli stessi direttori delle residenze, e il personale, vengono lasciati impotenti e soli.

La cronaca denuncia ritardi, omissioni, tamponi mancanti. Riporto i titoli dei giornali. 31 marzo: «Brusasco (Torino): 9 morti in una rsa, ma nessuno fa i tamponi». 1 aprile: «Rsa di Medaglia (Milano): 62 morti per Covid-19. I familiari: “Non li hanno protetti”». 3 aprile: «A Verolanuova (Brescia) 32 decessi. Ma i tamponi non sono stati fatti». 4 aprile: «A Pizzighettone (Cremona) morti metà degli ospiti di una rsa. “E mancano le protezioni”». In Toscana stessi toni. A Comeana (Prato), il 3 aprile: «28 contagiati e 5 morti nella rsa. I sindaci di Carmignano e Poggio a Caiano criticano i ritardi nell’indagine epidemiologica: “Gravità inaudita“». A Bucine (Arezzo), il 4 aprile: «La strage continua, settimo morto nella Rsa».

Nel Fiorentino, dove ieri è intervenuta la protezione civile nazionale chiamata dalla prefettura, i numeri sono fuori controllo: a Pelago 66 contagiati tra ospiti e operatori, a Bagno a Ripoli 78, tra Dicomano e San Godenzo 56, a Signa 52. 

Stiamo facendo tutto il possibile? Tamponi, controlli, indagini, protezioni? Chiedo solo questo: non dimentichiamoci dei nostri anziani reclusi, non trattiamoli come se valessero solo un grammo di meno di quanto valgono tutti gli altri. Hanno lo stesso diritto a vivere, e a non soffrire.