
La copertina del libro
Firenze, 16 marzo 2021 – Un uomo misterioso e un bambino povero a cui farà da mentore e da secondo padre. Un padre e una figlia che non sanno nulla l’uno dell’altra. Un antico segreto che li unisce e li separa, e che custodisce il prezzo della felicità. Con la forza, lo stupore e la bellezza di una storia che intreccia storia e presente, raccontando il passato e insieme di valori sempre attuali, ‘La colpa e l’innocenza’ (edito da Scatole Parlanti) è uno di quei libri che ha il raro pregio di condurre il lettore alla scoperta della parte più autentica, e troppo spesso dimenticata, di se stessi. Intenso, ammaliante, poetico: in questo romanzo introspettivo dal ritmo delicato e nostalgico, l’autore Sergio Fanara, carabiniere che dal 1987 vive e lavora a Borgo San Lorenzo (Firenze), mette al centro la forza e la fragilità dei sentimenti. Nato a Palermo, dal 1987 vive e lavora nel Mugello, dove presta servizio nell’Arma dei Carabinieri, e quest’opera pur essendo di fantasia, rievoca fatti di cronaca realmente accaduti e persone che hanno perso la vita per mano mafiosa a Palermo e Firenze tra gli anni ottanta e novanta. E attraverso queste pagine, propone un viaggio nella sua terra d’origine e in quella d’adozione, per lanciare ai lettori un messaggio davvero importante.
Sergio Fanara, come nasce questo romanzo?
“’La colpa e l’innocenza’, che si può definire un giallo sentimentale, nasce dalla necessità di escludere tutto il ‘rumore’ del presente: la tecnologia, i social, questo tempo dove, come si suol dire, si parla di tutto per non parlare di niente. Ho scelto così di ambientarlo nel passato, per entrare in una dimensione introspettiva, che mettesse in risalto i sentimenti autentici, attraverso una storia che si colloca in tempi non recenti. In tutto questo non ho potuto fare a meno di aprire delle ‘finestre’, affrontando temi come la mafia che ha riguardato sia la mia città natìa, Palermo, che Firenze, sul cui territorio vivo e lavoro da trent’anni. Così da umanizzare ‘eroi’ come Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa: infatti un personaggio del mio libro, ad un certo punto, esprime proprio questo concetto: il fatto che noi li definiamo eroi solo dopo la morte, mentre erano degli eroi sempre. Perché le persone che si impegnano per il bene comune, sono eroi tutti i giorni della loro vita”.
In queste pagine ha dato risalto anche al territorio
“Ho ricordato la Palermo degli anni ’70, descritto alcune bellezze di Firenze, del Mugello dove vivo e lavoro. E tra gli uomini e le donne di cui si vorrebbe fosse pieno il mondo e ai quali ho dedicato questo romanzo, ho citato l’amico Guido Boni, che è stato ciclista professionista e amico di Gino Bartali”.
Di cosa parla ‘La colpa e l’innocenza’?
“La storia, la cui voce narrante è Jean, il protagonista, si apre a Roussillon, un piccolo villaggio di settecento anime nel dipartimento di Vaucluse nella Francia meridionale e si sviluppa a Palermo, Firenze, e nell’immaginario borgo di Santa Barbara in Toscana. Jean cresce in una famiglia povera e piena d’affetto, e in questo, come accade in tutti i romanzi, c’è un aspetto biografico: il riferimento alla mia famiglia numerosa e a tutte le ristrettezze e i disagi del passato. Ad aggiungersi alle cure dei genitori arriva ad un certo punto l’enigmatica figura di Stéphane, “l’italiano”, un gentile vicino di casa che lo incoraggia e sostiene anche economicamente la formazione culturale di Jean, fino a diventarne a tutti gli effetti un secondo padre. Jean, che conseguirà una laurea e riuscirà a diventare un letterato, intuisce fin da subito che sul passato di Stéphane, che vive da solo e non coltiva relazioni, ci sono strane ombre, qualcosa di oscuro, di non detto. A un certo punto Jean rinviene per caso una lettera tra le pagine di un libro, scritta da una donna, e la reazione di Stéphane non fa che confermare i sospetti sull’esistenza di un mistero.
A questo punto, pagina dopo pagina, la storia acquista sempre più fascino e suspense
“Nel corso degli anni Jean si ritroverà a indagare sulla lettera fino a quando un incontro casuale riuscirà a far combaciare ogni tessera di un romantico e struggente puzzle: scopre che la donna della lettera è realmente esistita ed è morta, ma non come riportava l’articolo di un giornale, a causa di un incidente. In realtà si era suicidata. Incontrerà poi un’altra giovane donna, e attraverso un percorso in crescendo, risalirà anche attraverso un dipinto, a tutte le verità nascoste. La donna che si era tolta la vita, si era incontrata proprio con Stéphane su una scogliera, era con lui prima di suicidarsi. Fu allora, dopo quel fatto tragico che aveva segnato la sua esistenza, che l’uomo aveva deciso di andarsene per sempre e cambiare vita. Ma, ennesima sorpresa in un finale forte ma positivo, si scopre che Stéphane aveva una figlia di cui aveva sempre ignorato l’esistenza”.
A chi si rivolge questo romanzo?
“A tutti, anche ai giovani. Nel libro viene messo in evidenza anche il punto di vista dei cittadini, dei siciliani che sentono il peso e la responsabilità della loro stessa storia. Il punto di vista di chi, quando accadono cose drammatiche, non è un osservatore indifferente, ma sente quel che sta accadendo, lo vive, e soffre tutto questo. Chi, come le giovane generazioni, che non hanno vissuto tutto il tristissimo periodo delle guerre di mafia, possono trovarvi molti spunti di cronaca e riflessione interessanti. Sono stati gli anni in cui prendevi il giornale e sulle pagine, ogni giorno, potevi trovare l’impressionante conta dei morti. Ma sono stati anche gli anni dell’inizio della rivolta morale, del Coordinamento antimafia. Io stesso ho contribuito alla nascita della rivista “I Siciliani Giovani”, ‘costola’ del mensile “I Siciliani” di Giuseppe Fava, giornalista e scrittore assassinato dalla mafia il 5 gennaio 1984. E lo feci per appoggiare l’opera dei magistrati e delle forze dell’ordine che troppo spesso venivano uccisi”.
Qual è l’anima del romanzo, la traccia e il messaggio che consegna al lettore?
“Sostanzialmente è quella di guadarsi dentro e di recuperare una dimensione più umana nei rapporti tra le persone. Uno degli spunti di riflessione lo offre un momento preciso del romanzo: la donna che si butta dalla scogliera lo fa perchè Stéphane non vuole più ascoltarla. Il cuore del libro è dunque un invito a essere non quel che piace agli altri: ma all’apertura, al dialogo, all’ascolto delle persone e di noi stessi, di quel che siamo veramente. E punta verso la riscoperta dei valori e dei sentimenti più autentici”.