Sacrificio umano nella tomba: le scoperte degli archeologi a Chiusi

Nuovi indizi sul giallo della sepoltura numero 4: potrebbero confermare l'ipotesi che gli etruschi praticavano uccisioni rituali

Lo scheletro di Chiusi

Lo scheletro di Chiusi

Firenze, 29 ottobre 2019 - Un corpo gettato frettolosamente in una fossa e subito ricoperto di terra. Un piccolo scarabeo di onice a indicare forse che quell’uomo senza nome era originario dei territori punici di Tharros, nell’antica Sardegna. È un “cold case” che arriva da lontano quello sul quale ha appena fatto importanti passi avanti un ampio team di archeologi, antropologi e genetisti, impegnato a indagare su alcuni resti umani trovati in una tomba etrusca di Chiusi (Siena). L’omicidio, perché di questo pare si tratti, risale probabilmente al periodo compreso fra la seconda metà del VI e gli inizi del V secolo a.C. E, secondo gli ultimi risultati delle indagini scientifiche su questo “giallo” del passato, si tratterebbe di un’uccisione rituale. Una scoperta di enorme valore storico perché, se convalidata dagli ulteriori accertamenti in corso, confermerebbe, una volta per tutte, che gli etruschi, spesso indicati come popolo mite e non violento, praticavano sacrifici umani. Un’abitudine testimoniata anche da varie fonti greche e romane, della cui attendibilità però gli storici avevano finora dubitato. Le novità sulle indagini relative alla tomba numero 4 di Chiusi, scoperta a Poggio Renzo nel 2016, sono state pubblicate sull’ultimo numero della rivista Archeologia Viva (Giunti) e presentate a Firenze, dal presidente del Consiglio Regionale della Toscana Eugenio Giani, dalla vicesindaco di Chiusi Chiara Lanari, dalla direttrice del Museo Nazionale Etrusco, Necropoli di Poggio Renzo e tombe etrusche di Chiusi - Polo Museale della Toscana Maria Angela Turchetti e da Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva. La tomba a camera in cui si trova lo scheletro in questione è stata saccheggiata in passato dai “tombaroli”. Si può quindi solo ipotizzare cosa contenesse: probabilmente molti corpi e un ricco corredo, ospitati appunto in una “camera”, accessibile da un cunicolo. I “tombaroli”, per entrare, si sono calati dall’alto, come era consuetudine in questi casi, e solo nel 2016 gli archeologi hanno esplorato anche il corridoio originario, costruito dagli etruschi per entrare nello spazio sepolcrale. Qui hanno trovato lo scheletro misterioso, probabilmente i resti di un uomo che venne ucciso e subito sepolto prima di chiudere definitivamente la tomba, “sigillandola” con un sacrificio rituale. «Lo scheletro è stato scoperto in una fossa coperta di terra presente lungo il “dromos”, il corridoio – ha spiegato Maria Angela Turchetti – e subito abbiamo notato la sua posizione anomala: la salma non era stata composta come consueto. Gli accertamenti fatti insieme a vari specialisti hanno permesso di confermare le prime ipotesi: la morte improvvisa e l’immediata sepoltura dello sconosciuto. La posizione dello scheletro ci fa pensare che l’uomo sia stato messo in ginocchio sull’orlo della fossa e poi ucciso, probabilmente sgozzato. Una scena che ricorda quella dei troiani sacrificati da Achille in onore di Patroclo, davanti alla sua pira. Sempre la posizione dei resti ci fa ritenere che l’uomo avesse le mani legate dietro la schiena e che queste siano state liberate pochi attimi prima dell’uccisione, perché in base alle antiche credenze chi veniva sacrificato agli Dei doveva ‘accettare’ il suo destino e non poteva quindi portare segni di costrizione. Appena l’uomo è caduto nella fossa, la sepoltura è stata ricoperta di terra. Un’altra ipotesi è che gli sia stato somministrato del veleno, ma pare meno probabile». C’è anche un altro dettaglio che conferma l’immediata sepoltura, oltre a fornire possibili indizi sull’origine della vittima: un piccolo scarabeo in onice, forse un portafortuna, trovato “appoggiato” sulle ossa del bacino. «Il fatto che questo oggetto, probabilmente un amuleto, sia stato rinvenuto in questa posizione singolare – continua Maria Angela Turchetti – ci conferma ulteriormente l’immediata sepoltura: la terra, subito gettata sul corpo, ha bloccato lì la piccola pietra. È possibile che la vittima avesse l’amuleto legato al perizoma, oppure al collo e che, in questo secondo caso, si sia staccato e sia caduto nel momento in cui è avvenuta l’esecuzione. Forma e dimensione dello scarabeo, che presenta sul retro l’immagine di una sirena e due fori laterali per il passaggio di un cordino, ci ricordano alcuni oggetti punici dell’area di Tharros, nell’antica Sardegna. Anche la forma del cranio e la corporatura dell’uomo potrebbero confermare che sia originario di quelle zone. Ulteriori dettagli in questo senso arriveranno comunque a breve dall’analisi del Dna». Potrebbe insomma trattarsi di uno schiavo, magari di un prigioniero di guerra sacrificato agli Dei per proteggere i defunti. Sempre in base agli accertamenti l’uomo avrebbe avuto, al momento della morte, fra i 35 e i 45 anni e avrebbe trascorso una vita faticosa, come dimostrano i vari segni di stress da lavoro fisico presenti sulle ossa. Le indagini comunque vanno avanti. Per scoprire chi fosse e da dove venisse l’uomo ucciso nella tomba di Chiusi. E per confermare, una volta per tutte, l’ipotesi che anche gli etruschi praticassero sacrifici umani. Lisa Ciardi