
eolico
Arezzo, 11 giugno 2025 – Mostro eolico “Badia del Vento”: anche Autostrade per l’Italia dice no.
Un progetto insostenibile anche per il trasporto dei componenti nella più importante arteria autostradale d’Italia.
Anche Autostrade per l’Italia dice no. Con un documento ufficiale pubblicato solo ieri dalla Regione Toscana, la società Autostrade per l’Italia ha dichiarato che i mezzi eccezionali destinati al trasporto delle sezioni delle pale dell’impianto “Badia del Vento” non sono compatibili con l’autostrada A1, a causa dell’eccessiva altezza e lunghezza dei carichi.
Nonostante Autostrade per l’Italia sia ormai abituata a gestire interventi straordinari sulla rete — come la rimozione temporanea di caselli, la modifica degli spartitraffico o l’adozione di misure particolari di sicurezza, spesso in coordinamento con la Polizia Stradale — nel caso specifico di Badia del Vento, queste soluzioni risultano comunque insufficienti. Infatti, come dichiarato nella nota di Autostrade per l’Italia: “la viabilità autostradale da noi gestita, dal punto di vista geometrico, non è idonea ai trasporti previsti”, rendendo di fatto impraticabile anche l’ipotesi di adattare le infrastrutture esistenti.
Se neppure l’autostrada riesce a reggere il passaggio di questi trasporti nella principale arteria italiana, l’Autostrada del Sole A1, come si può immaginare di farli transitare lungo strade di montagna, mulattiere e sentieri scoscesi che passano in mezzo a boschi?
Badia del Vento prevede 7 mega aerogeneratori di 180 m (alti come sette grattacieli di 60 piani) sulla dorsale del Monte Loggio, nel cuore dell’Appennino, un’area già segnalata per criticità idrogeologiche e fragilità del territorio. Portare su queste montagne mezzi lunghi fino a 70 metri e centinaia di tonnellate significherebbe interventi di sbancamento, cementificazione, allargamento di strade forestali, abbattimento di boschi e impermeabilizzazione del suolo: un flagello annunciato per l’equilibrio idrogeologico della zona, per la fauna e per l’intero ecosistema.
Occorre inoltre tenere in considerazione che il tracciato previsto per raggiungere l’area dell’impianto — a partire dall’uscita dell’autostrada A1 di Sinalunga (SI), passando per Sansepolcro e proseguendo verso il valico appenninico di Viamaggio, fino a Badia Tedalda e alla frazione di Rofelle — attraversa numerosi centri abitati e aree urbanizzate caratterizzate da una viabilità non idonea al transito di trasporti eccezionali. In particolare, si segnalano passaggi critici all’interno delle Ville di Monterchi, di Sansepolcro, dove i convogli dovrebbero percorrere strade con edifici storici affacciati direttamente sulla carreggiata, presenza di marciapiedi rialzati, incroci a raggio ridotto e sottopassi. Analoghe criticità si riscontrano anche nei borghi e nelle frazioni attraversate lungo la Strada Provinciale 258 “Marecchiese”, con curve strette, tornanti, pendenze marcate e assenza di piazzole di manovra o aree di sosta idonee.
Tutte queste criticità sono state puntualmente sollevate nelle osservazioni tecniche trasmesse da associazioni, comitati locali ed Enti qualificati impegnati nella tutela del territorio. Nonostante ciò, la Regione Toscana continua a procedere nel proprio iter autorizzativo. Tale condotta si traduce, di fatto, in una sistematica elusione di pareri tecnici espressi non solo dalle Associazioni, ma anche da Enti pubblici dotati di specifiche competenze in materia ambientale e paesaggistica, alle quali oggi si aggiunge anche la Società Autostrade per le infrastrutture autostradali. Si assiste così a un processo decisionale che sembra prescindere da ogni principio di cautela e concertazione, alimentando un grave vulnus nei confronti della tutela dei territori.
Proprio ieri, al Forum Ambiente e Agricoltura, il Presidente Giani ha celebrato l’Emilia-Romagna come «Regione sorella», dipingendo gli Appennini come un ponte e non un confine, invocando la sfida della collaborazione. Ma la collaborazione autentica nasce da un confronto alla pari e non da decisioni unilaterali. È contraddittorio invocare l’unità fra territori mentre, nei fatti, si procede ignorando i pareri tecnici e politici di quella stessa “sorella” che si dice di voler ascoltare.
L’Emilia-Romagna, infatti, anche attraverso il Presidente De Pascale, ha già espresso un parere estremamente negativo su questo progetto, rilevandone l’incompatibilità con il cuore dell’Appennino tosco-romagnolo. Si rende necessario un processo decisionale che parta da un tavolo comune, con uguale dignità tra le Regioni e pieno ascolto delle comunità locali, degli Enti e delle associazioni che difendono il territorio. Solo così l’Appennino potrà essere davvero un ponte che unisce e non il teatro di conflitti per scelte unilaterali che minacciano la sua stessa integrità.