STEFANO CECCHI
Cronaca

Quarta ‘el chino’, il centrale volante venuto dal mare

Cresciuto a pane e garra, è stato scoperto da Olguin. L’eredità di Daniel Passarella e di Gonzalo Rodriguez, connazionali che lo hanno preceduto nella difesa viola

Firenze, 12 febbario 2021 - Forse il ricordo del passato, chissà, forse l’istinto naturale. Fatto sta che quando l’altra sera con l’Inter la palla è arrivata a lui poco prima della trequarti, ha fatto quello che sul palcoscenico fanno i prestigiatori e nel calcio i benedetti dal talento: una magia. Ricordiamola.

Palla dunque a correre avanti lungo l’out, tunnel a Perisic poi tocco sapiente a innescare il colpo di Bonaventura dentro l’area. Solo la sfortuna, frequente compagna di viaggio della Fiorentina, ha fatto sì che la palla non gonfiasse la rete fermata dalla traversa, ma tutti in quel momento abbiamo ripensato a quelle magie di fughe e tunnel analoghi che un tempo nella zona facevano Rui Costa e Morfeo, Baggio e Robbiati, Liajic e Cuadrado. Il fatto che stavolta il protagonista della negromanzia non fosse un trequartista o un attaccante ma un difensore centrale la dice lunga sulle potenzialità del Nostro.

Lucas Martinez Quarta, il difensore volante, il centrale difensivo di garra e tempismo, un apostrofo bronzeo fra le parole "t’argino". Argentino di salmastro, Quarta arriva da Mar del Plata, la “ciudad felix“ che ha dato i natali fra gli altri a Astor Piazzola e la sua fisarmonica voce malinconica del tango, e all’Osvaldo Soriano di “Triste, solitario y final“, straordinario narratore affascinato dal calcio al punto che la Nazionale Italiana Scrittori in suo onore si chiama appunto “Osvaldo Soriano Football Club“. Non un’eresia.

Perché anche la storia calcistica di Luca (o Luis) Martinez Quarta, che i per i tratti somatici fin da piccolo tutti chiamano “El Chino“, sembra un piccolo romanzo musicale di formazione. Le prime pagine vengono scritte nel Club Urquiza, piccola squadra di periferia di Mar de Plata, dove Quarta arriva con la raccomandazione di Jorge Olguin, terzino destro duro come i cavallucci di Siena dimenticati nella credenza, campione mundial 1978 con l’albiceleste: "E’ uno forte-forte", giura costui alla madre, scettica sul futuro pedatorio del figlio. Tant’è.

Il giovane Martinez Quarta, in quei primi passi nel calcio organizzato, viene impiegato come centrocampista e lui se la cava benone visto che, dopo un passaggio intermedio al club Deportivo Kimberley, a notarlo e acquistarlo è addirittura il River Plate, la squadra dei milionarios, con i cugini coltelli del Boca la squadra più prestigiosa d’Argentina. E’ qui che avviene la svolta tattica fondamentale per la sua carriera. Quarta viene infatti provato come difensore centrale, e come regista arretrato fa il botto.

Elegante , deciso negli interventi, con una tecnica di base sviluppata che si sposa a un fisico non da gigante d’area, Lucas Martinez Quarta ha tutte le caratteristiche del difensore moderno e in breve tempo conquista l’allenatore dei platensi, quel Marcello Gallardo, che lo spedisce in prima squadra a dirigere la difesa dopo gli addii di Pezzella (vedi alla voce destino) e Funes Mori. Con il River, squadra che profuma d’Italia viste le origini dovute a un gruppo di giovani genovesi che giocavano a calcio nella darsena del porto di Buenos Aires, “El Chino“ vince due copa Argentina e una Libertadores, la Champions sudamericana. Impossibile non notarlo. Così a provare a portarlo in Italia per primo fu la Sampdoria, un anno e mezzo fa. "Nessun problema. Se lo volete, però, dovete portaci 20 milioni di euro", la risposta del presidente Rodolfo D’Onofrio agli emissari di Ferrero che, di fronte alla richiesta, alzarono le mani e fecero marcia indietro.

Poi, si sa, il calcio è il luogo più distante che possa esistere dalla parola “certezza“, il Covid ha fatto il resto, e quando lo scorsa estate a bussare alle porte del River è stato Pradè, le richieste si sono mitigate. Così, per una cifra più ragionevole, da qualche mese Martinez Quarta è cittadino di Firenze, in linea di successione il sesto difensore argentino chiamato a difendere l’area viola. Già, i i predecessori nel ruolo. Il primo,  il più forte di sempre, fu Daniel Passarella. Autoritario e senza possibilità di deroghe come un Dpcm del governo Conte e cattivo come i giudici di Masterchef, anche Passarella arrivava in viola dal River e nei suoi anni a Firenze fece capire cosa possono essere i difensori argentini, gente che traccia la linea in terra e guai a te attaccante avversario se la superi. Dopo di lui in quella stessa zona di campo hanno marcato il territorio il felliniano Gonzalo Rodriguez, regista difensivo lunare e ammaliante, e un altro Gonzalo, quel Basanta, pistolero solitario casualmente prestato al calcio.

E ancora: German Pezzella, il capitano ufficiale e gentiluomo, e poi Facundo Roncaglia, Chuck Norris d’Oltrarno, quello che “ Dio li fa, Facundo li accoppa “. Comunque storie di calcio vere. L’idea è che anche le pagine che mancano al romanzo calcistico di Martinez Quarta, possano essere lette a Firenze con lo stesso piacere. E magari anche di più. Perchè il calcio è fatto della stessa materia dei sogni e chi ci sveglia peste lo colga.