Infinito Ginettaccio Bartali, che sorpresa. Dal cassetto spunta una commedia inedita

L’amico Stavini aveva custodito un testo brillante del campione da mettere in scena . Con la Firenze e suoi grandi protagonisti degli anni Cinquanta : un’altra città, piena di cuore, che non c’è più

Il grande Gino Bartali

Il grande Gino Bartali

Firenze, 30 aprile 2024 – Partivano insieme, Gino e Alfredo, per i loro allenamenti su e giù per i colli toscani. Roba seria, centocinquanta, duecento chilometri, da Firenze verso Arezzo, Siena, Pisa e ritorno. Gino si metteva in testa, sempre in testa e parlava, parlava, per ore. A un certo punto si girava: "Alfredo, te che ne dici". E a Martini, come mi ha raccontato tante volte, con il suo consueto, raffinato umorismo non restava che rispondergli: "Hai ragione, Gino". Ne raccontava tante di storie, Gino Bartali, con la sua voce roca e quella curiosa stellina in mezzo al naso, conseguenza di una caduta in volata, da giovane. Ma la storia più bella, unica, infinita, irripetibile è sempre stata la sua. Gino campione, uomo, simbolo con Coppi dell’Italia della Ricostruzione, eroe civile e Giusto fra le Nazioni è stato raccontato dieci, cento, mille volte, da penne amiche o coppiane, in migliaia e anche più di articoli, interviste, testimonianze, libri, anche da chi lo aveva appena sfiorato o da chi lo conosceva e lo sapeva narrare benissimo, come il mio ex capo e amico Sandro Picchi, firma di casa per tanti anni per i lettori di questo giornale. Eppure può capitare, eccoci al nostro caso, di ritrovarti in mano il testo di una commedia fiorentina del 1955 e scoprire che c’è ancora e sempre spazio per un inedito bartaliano. Un testo di una trentina di pagine, che porta la firma dello stesso Bartali, su soggetto di un suo grande amico dell’epoca, Roberto Stavini, imprenditore fiorentino nel settore delle moto.

Il titolo: "Venti anni dopo… di Gino Bartali". E’ ambientata a Firenze, nel pieno centro storico, in quella Firenze bartaliana così autentica da far venire i brividi oggi a immaginarsela di nuovo, con personaggi di quartiere sinceri e schietti, il bombolonaio, il falegname, il prete degli umili, Don Cubattoli, il fascista prepotente ("Gino è figlio mio, non del Duce", lo apostrofa Torello Bartali), il giovane innamorato e promesso sposo trepidante e la sua fidanzata, i ragazzi di San Frediano e i giovani operai dell’epoca. In sintesi, è la carriera di Gino, con tutti i suoi contributi nel raccontarla, rivissuta e ripercorsa, impresa dopo impresa, trionfo dopo trionfo, attraverso le testimonianze, le reazioni e il coinvolgimento popolare della sua Firenze. Bartali che vinceva e rivinceva, appunto, vent’anni dopo.

Bartali, l’unico campione nella storia del Tour capace di rivincerlo dieci anni dopo, nel ‘38 e nel’48. Ci si commuove, si sorride, in quel testo, attratti dall’atmosfera dell’epoca. La commedia è rimasta chiusa in un cassetto per sessantanove anni, e le ventinove pagine, scritte con la Lettera 22, divise in due atti, il primo senza Coppi fino alla guerra, il secondo con Coppi dopo la guerra ("Bartali ha ripreso la bicicletta, la vita ricomincia") mi sono state regalate, è il caso di dirlo, dalla famiglia Stavini.

Anche così, in questa nuova, inedita veste Bartali si riprende la scena alla vigilia di un campionato italiano che si correrà su quelle che erano le sue strade, dedicato a lui, a Gastone Nencini, Alfredo Martini, Franco Ballerini, e soprattutto della partenza da Firenze a fine giugno del Tour de France, che per la prima volta nella sua storia centenaria prenderà il via dall’Italia, tre tappe in omaggio di Bartali, Nencini, Pantani, Coppi. Campioni che sono esistiti, esistono ed esisteranno per sempre. Come Gino Bartali.