I fronti contro le frane in Toscana, la Regione: "Più leggi, prevenzione e cura dei fiumi"

L’assessora all’ambiente Monni: "Dal 1950 al 2000 abbiamo maltrattato la nostra terra. Ogni anno finanziamo 100 milioni di interventi. Fra 10 anni il rischio di un disastro si sarà ridotto"

Più del 16% del territorio toscano presenta un rischio frane elevato

Più del 16% del territorio toscano presenta un rischio frane elevato

Firenze, 1 dicembre 2022 - Secondo i dati dell’Autorità di bacino il 16,24% del territorio toscano presenta un rischio frane elevato o molto elevato.

Assessora Monni, quanto la preoccupa questo dato?

"Molto, ma ne siamo consapevoli e ci stiamo lavorando. Tra l’altro al rischio frane dobbiamo aggiungere il rischio idraulico, che riguarda soprattutto le pianure e ha un’incidenza analoga".

Che cosa fa la Toscana per mitigare un rischio così importante?

"Proprio perché siamo consapevoli del problema, da più di dieci anni la strategia scelta dalla Regione è chiara. Azione d’intervento costante su tre fronti: fronte normativo (con leggi che vietano le costruzioni nelle aree soggette a rischio idraulico e idrogeologico), prevenzione (con l’utilizzo di tutte le risorse disponibili per finanziare interventi realizzati: ogni anno riusciamo in media a finanziare 100 milioni di interventi).

Il terzo fronte è quello della manutenzione dei fiumi e delle opere già realizzate, attuata tramite i consorzi di bonifica per un valore di circa 80-100 milioni all’anno. Dobbiamo però ricordare che nella seconda metà del secolo scorso abbiamo maltrattato il nostro territorio e servirà tempo per tornare a un livello di rischio idraulico e idrogeologico accettabile".

Dove si potrebbe, o dovrebbe , fare di più?

"Dobbiamo mantenere il passo che ci siamo dati. Se continueremo così fra dieci anni il livello di rischio del nostro territorio si sarà ridotto notevolmente. La sfida per me è mantenere questo passo a fronte della continua riduzione del personale degli enti pubblici e dei continui appesantimenti burocratici.

Quello che vogliamo fare in più e che stiamo facendo è dotarci di uno sguardo sistemico: gli interventi devono essere accompagnati da un deciso impegno verso la conversione energetica che serve per contrastare i cambiamenti climatici. Il nuovo piano della transizione ecologica ha questa ambizione".

Molte delle aree considerate a rischio elevato sono densamente popolate. Cosa si può fare in questi casi?

"Dobbiamo informare e formare i cittadini alla gestione dei rischi, perché è illusorio e pericoloso pensare che siamo in un contesto con assenza di rischi, così come è sbagliato pensare che individualmente non si possa fare niente".

Dall’alluvione di Firenze sono passati 56 anni: quanti «treni» abbiamo perso in mezzo secolo?

"Preferisco guardare al futuro: cosa posso fare oggi? Mi piace rimboccarmi le maniche e non scaricare su altri le colpe. In Toscana sono state realizzati tanti interventi, molti di più di quanto succede nel resto d’Italia. Ma anche qui abbiamo dovuto agire su un ambiente fortemente compromesso dall’uomo: sono stati tombati fiumi per fare nuove lottizzazioni oppure si è costruito nell’alveo di un corso d’acqua. Questo non deve più succedere e mi piace ricordare che probabilmente siamo stati la prima regione che, a seguito di un’alluvione, ha delocalizzato un intero quartiere che era stato costruito in alveo: il quartiere Matteotti di Aulla".

Il segretario generale Checcucci ha parlato di opere fondamentali in grave ritardo: un esempio su tutti, la diga di Levane. Cosa risponde?

"Preferisco rimboccarmi le maniche più che avventurarmi in dibattiti che non velocizzano le attività di difesa del suolo. Comunque il progetto della diga di Levane è stato presentato al ministero delle infrastrutture per l’autorizzazione e lì è rimasto per cinque anni prima dell’approvazione.

Proprio in questi giorni abbiamo avviato il procedimento di valutazione d’impatto ambientale nazionale per l’adeguamento della diga di Levane e spero che il ministero dell’Ambiente ci dia l’autorizzazione in tempi più contenuti.

I tempi della burocrazia per questo tipo di interventi sono un problema e gli attuali commissari per il dissesto idrogeologico, ovvero i presidenti di Regione, non hanno il potere di accelerare l’attuazione degli interventi. Inoltre serve chiarezza sulle competenze".

Quanta colpa ha, secondo lei, la politica in questi ritardi?

"Le scelte del secolo scorso, purtroppo, le scontiamo anche oggi, ma quando parliamo di politica parliamo anche del lavoro che ha portato la Regione Toscana ad approvare leggi chiare e vincolanti contro l’eccessivo consumo di suolo e leggi che hanno vietato la realizzazione di nuove costruzioni nelle aree a rischio idraulico e idrogeologico".