Concordia, De Falco: "Tutti avrebbero potuto salvarsi, Schettino pensò al suo tornaconto"

Il dibattito organizzato dalla Regione per il decennale della tragedia. In cui morirono 32 persone

Firenze, 12 gennaio 2022 - Sono passati ormai dieci anni dal naufragio della Costa Concordia. Erano le 21.45 del 13 gennaio del 2012 quando la nave della compagnia Costa Crociere, salpata da Civitavecchia e diretta a Savona, urtò uno degli scogli a sud est dell’isola del Giglio per poi adagiarsi e ribaltarsi sul fondale, a pochi passi dal porto. Il 13 gennaio del 2012 morirono 32 persone tra equipaggio e passeggeri.

Lo speciale de La Nazione

In occasione di questo triste anniversario, con l'obiettivo di ricordare quella notte, coloro che persero la vita, coloro che si impegnarono nelle operazioni di salvataggio e coloro che accolsero le migliaia di naufraghi, la presidenza del Consiglio regionale della Toscana ha organizzato una mattinata di approfondimento in diretta streaming dal titolo 'Costa Concordia, per non dimenticare'.

Hanno partecipato all’iniziativa il senatore Gregorio de Falco, capitano di fregata e all'epoca capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno; Francesco Limatola, presidente della Provincia di Grosseto; Agnese Pini, direttrice de ‘La Nazione’ e Luciano Tancredi direttore de ‘Il Tirreno’. Insieme a loro Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale della Toscana, che ha organizzato l'evento nell'ambito del progetto 'Armadio della memoria', costituito con legge regionale nel 2020 per raccogliere documentazione sulle stragi del Moby Prince, della stazione ferroviaria di Viareggio e della Costa Concordia.

Non un mero momento celebrativo quello moderato da Anna Martini, giornalista di Intoscana.it,  ma un incontro e un confronto per  una rinnovata consapevolezza su quel che accadde.

“Con l’Armadio della Toscana – ha detto Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale della Toscana - abbiamo creato un luogo fisico dove i cittadini possono toccare con mano quel che è accaduto e informarsi, conoscere e approfondire le stragi toscane, e far sì che si crei una cultura collettiva affinché quello che è accaduto non accada più. Mi piacerebbe che ogni giorno una classe della Toscana andasse a visitare l’armadio della memoria, e lancio l’appello ai giornali e a chiunque può darci nuovo materiale, affinchè l’Armadio si riempia sempre più di documenti e testimonianze. La tragedia della Costa Concordia ha fatto alzare l’asticella dell’attenzione sulla sicurezza delle navi di tutte le flotte internazionali. Oggi essere qui significa non dimenticare e pensare di mettere in campo azioni ancora maggiori di sicurezza, sia dal punto di vista marittimo, ma anche ferroviario se penso alla strage di Viareggio. È bello che in questo incontro ci siano istituzioni e protagonisti dell’informazione. Il sistema dell’informazione locale penso vada sostenuto sempre di più, perchè attraverso loro voce riusciamo a dare informazioni corrette e a mandare messaggi che possano costruire coscienza critica e collettiva”.

“Questa pagina di storia ha cambiato profondamente la comunità dell’isola del Giglio. Portò immediatamente una triste notorietà all’isola – ha sottolineato Francesco Limatola, presidente della Provincia di Grosseto - e all’epoca sembrava che fosse oramai tramontata l’idea che il Giglio potesse avere opportunità di lavoro col il turismo. Invece è successo il contrario, e i visitatori hanno dimostrato di saper andare oltre la tragedia e di essere interessati alle bellezze del posto. I gigliesi che aprirono case, bar, negozi, ristoranti e chiese, per accogliere chi era partito per una vacanza e si ritrovò improvvisamente naufrago, hanno dimostrato quei valori di solidarietà, accoglienza e impegno civico che sono una caratteristica dei toscani ma in generale del popolo italiano. Qualità che sono la chiave di volta per uscire dai momenti complicati”.

“Il tempo non passa solo per farci invecchiare ha detto il senatore Gregorio de Falco - ma per darci un po’ più di consapevolezza della funzione della nostra vita. Il tempo che è intercorso e il distacco temporale ci consente di vedere l’insieme del fenomeno che si è sviluppato. Oggi si può capire che non fu soltanto una tragedia marittima, anzi, per caso si è trattato di una tragedia marittima. Non era legata alla tecnica della navigazione, ma si è verificata per un’azione scellerata e quella è una vicenda irripetibile: nel senso che, senza lo sfasamento che ci fu nella persona del comandante tra gli obblighi e i fini del proprio ruolo, e la sovrapposizione che ci fu coi propri interessi, non si sarebbe verificato tutto questo. Se avesse tenuto presente qual era il ruolo di comandante in quella vicenda, avrebbe avuto chiari i fini del proprio agire e avrebbe iniziato una operazione di emergenza a bordo in tempi consoni e adeguati a salvare le persone”.

Il senatore de Falco ha poi ricordato cosa avvenne in quei momenti concitati: “Alle 21 e 45 la nave colpisce gli scogli delle Scole e si apre uno squarcio. In 1 minuto e 40 circa il Mediterraneo entra in quella nave e invade 5 compartimenti. Immediatamente il comando di bordo ha la consapevolezza di avere almeno 3 compartimenti contigui allagati. Circostanza che determina la necessità di abbandonare la nave, perché con 3 compartimenti contigui allagati la nave sta affondando. Quindi prima delle 10 il comando di bordo è consapevole che si deve procedere all’emergenza generale, cosa che non avviene. Al dovere del comandante di mettere al sicuro i passeggeri, si sovrappone una qualche valutazione di carattere personale: ecco lo sfasamento tra il ruolo e interessi e paure personali. Passano 45 minuti prima che viene data l’emergenza generale da me richiesta con la prima interlocuzione. Il tempo di abbandono nave per regola internazionale è di 30 minuti: se si fosse proceduto a dare l’emergenza generale, i famosi sette fischi contigui e le persone fossero state convogliate ai punti di raccolta e poi imbarcate a bordo delle scialuppe, con la nave ancora dritta si sarebbero potuti sbarcare tutti entro un’ora e mezza. La nave comincia a inclinarsi paurosamente dopo mezzanotte e dopo quell’ora le lance sul lato sinistro non scendono più in mare. Ogni scialuppa poteva contenere 150 persone. Questa operazione di soccorso va avanti per nove ore, durante la quale ci sono tante storie. Come quella di Giuseppe Girolamo, un giovane musicista che ha ceduto il posto a una donna con una bambina in braccio perché nella scialuppa c’era il marito con un’altra gemellina. Si fece da parte, non sapeva nuotare ed è morto. Lo racconto non solo per sottolineare la generosità di questo ragazzo, ma perché voglio sia chiaro quale doveva essere il ruolo dell’autorità a bordo. Una scialuppa è dotata di viveri, acqua, spazi per consentire a 150 persone di sopravvivere in mezzo al Mediterraneo o all’oceano Pacifico: ma a distanza di soli 36 metri dalla costa l’autorità, cioè il comandante, avrebbe ben potuto assumere su di sé l’onere di derogare quella norma, in modo da consentire l’imbarco di 250-300 persone, fino alla capienza fisica, e avrebbe potuto contribuire al salvataggio delle persone. Ecco cosa avrebbe potuto fare il comandante tornando a bordo della nave.  Quali sono le lezioni che dobbiamo imparare da questa vicenda? La tradizionale ospitalità delle popolazioni isolane. La fondamentale importanza che chi ha un ruolo pubblico, come il comandante che è il capo di una comunità viaggiante e responsabilità collettiva, deve avere ben chiaro i fini del proprio agire, senza mai confonderli coi propri interessi, e metta da parte se stesso. Un’altra lezione che abbiamo imparato è dal punto di vista tecnico: c’erano 4200 persone a bordo della Concordia in difficoltà contro le 800 persone dell’isola disposti ad acccoglierli. Occorre disincentivare il gigantismo navale: abbiamo navi che trasportano fino a 6500 persone, ma quale città potrebbe farsi carico di una simile popolazione viaggiante in difficoltà? Cosa farò domani quando sarò alla celebrazione? Se incontrerò qualcuno dei superstiti ci abbracceremo nel ricordare di aver vissuto emozioni forti come comunità, ancorchè distanti”.