Gkn, fumata nera: "Non trattiamo la chiusura"

I sindacati respingono la proposta della proprietà di una cassa integrazione per cessata attività e l’azienda li accusa di fare muro

Il presidio degli operai davanti alla Gkn prosegue ininterrottamente dal 9 luglio

Il presidio degli operai davanti alla Gkn prosegue ininterrottamente dal 9 luglio

Campi Bisenzio, 1 settembre 2021 -  La vertenza Gkn resta al palo. L’incontro di ieri per l’avvio della fase amministrativa relativa alla procedura di licenziamento collettivo avviata da Gkn Driveline Firenze spa, convocato dal Ministero del lavoro, a cui hanno partecipato l’azienda, Fiom, Fim e Uilm, il Mise e la Regione si è concluso con un niente di fatto: sindacati e Regione continuano a chiedere il ritiro dei licenziamenti, ma l’azienda ribadisce di voler chiudere lo stabilimento e accusa i sindacati di fare muro. E il tempo scorre: il 22 settembre la procedura di licenziamento collettivo giungerà al termine e dal giorno successivo potrebbero scattare le lettere di licenziamento che interessano 422 dipendenti, ma in questa vertenza sono coinvolti anche circa 80 lavoratori dell’indotto "senza prospettiva e in gran parte senza stipendio" ricorda il consigliere regionale per il lavoro e le crisi aziendali, Valerio Fabiani, presente al tavolo insieme all’assessora Alessandra Nardini. All’incontro i vertici aziendali (assistiti dagli avvocati Francesco Rotondi e Alessandro Paone) hanno illustrato la loro proposta: "l’accesso a un percorso di cassa integrazione per cessazione attività, con lo scopo di implementare importanti misure di ricollocazione delle persone, anche di carattere economico" dichiara Gkn in una nota, ricordando anche "l’avvio di un processo di riconversione industriale del sito produttivo, mediante affidamento di un mandato specifico a un primario advisor". Proposte, queste, già trapelate prima dell’incontro con tanto di possibile collaborazione tra azienda, sindacati e Regione, ma "smentite da fonti governative". E anche i sindacati e la Regione, a fine incontro, respingono al mittente la proposta dell’azienda. "Abbiamo ribadito la richiesta di ritiro della procedura di licenziamento collettivo e il conseguente utilizzo delle 13 settimane di cassa integrazione previste dall’avviso comune sottoscritto da Cgil,Cisl, Uil, dal Governo e dalle parti datoriali" dice Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil. "E’ necessario aprire un confronto urgente e libero eliminando il ricatto occupazionale" aggiunge Daniele Calosi, segretario generale Fiom-Cgil Firenze e Prato, ricordando che la Fiom ha presentato un articolo 28 per condotta antisindacale. "La dichiarata disponibilità aziendale a fare ricorso alla cassa integrazione per chiusura per qualche mese attesta che si persevera nella scellerata decisione di cessare l’attività, né il riferimento a possibili reindustrializzazioni ha alcun significato concreto, per la sua assoluta genericità e aleatorietà. Come sindacato non possiamo certo accontentarci di posticipare di pochi mesi i licenziamenti, piuttosto è nostro dovere provare a salvare i posti di lavoro" dicono Gianluca Ficco e Davide Materazzi della Uilm, auspicando un intervento deciso del Governo. La fabbrica deve restare aperta anche per la Fim (al tavolo nonostante la ‘lite estiva’ tra Collettivo di Fabbrica e Cisl con tanto di rimozione delle bandiere). "No alla spregiudicatezza dell’azione di chi vuole togliere il lavoro a 500 persone dall’o ggi al domani senza volersi assumere la responsabilità sociale che permetta di trovare soluzioni alternative per salvaguardare tutte le maestranze e l’attività di un intero territorio" tuona la segretaria generale della Fim-Cisl Firenze-Prato, Flavia Capilli.