MARCO
Cosa Fare

"Se vede una clandestina ci chiami". La polizia non scherzava per nulla

Sapeva che a nascondere quella ragazzina aveva commesso un reato. Ma era pronto a tutto pur di salvarla

Vichi

Guarda qua che bella… pulitissima…” disse uno degli agenti.

“Complimenti, bel ristorante… Ci voglio portare mia moglie, sperando che non venga fuori un battibecco…” disse l’altro, ridendo. Il cuoco non vedeva l’ora che se ne andassero, il cuore gli batteva come un ramaiolo in una pentola.

“Sarete i benvenuti” disse, senza più saliva… e quando si sentì un rumore provenire dal nascondiglio di Fatima, fece fatica a non svenire. Andò ai fornelli e si mise a fare rumore con padelle e coperchi, con aria indaffarata. I poliziotti capirono la situazione.

“Togliamo il disturbo…” disse uno dei due.

“Mi raccomando, se vede la clandestina chiami subito il 113.”

“Certamente” disse il cuoco. Accompagnò gli sbirri all’uscita e chiuse la porta. Tornando in cucina riprese il filo dei suoi pensieri… Altro che denunciarla alla polizia… Voleva cercare di dare un lavoro a Fatima, lei poteva cucinare per il ristorante i piatti del suo paese… Be’, era minorenne, è vero, ma si poteva cercare di risolvere il problema in qualche maniera… forse poteva adottarla… si era innamorato di quella bambina appena l’aveva vista, e di certo anche sua moglie e le sue bambine si sarebbero innamorati di lei, di quegli occhi grandi e dolci…

“Fatima…”

“Sono andati via?”

“Sì, tutto a posto.”

“Avuto paura… Non voglio tornare in Algeria…”

“Non ti preoccupare…” Era così bella, povera bambina.

“Cercare me…”

“Stai tranquilla, qui sei al sicuro…”

“J’espère…”

“Senti, devo fare un salto al supermercato, chiuditi dentro e non aprire a nessuno, torno tra una mezz’ora.”

“Va bene…”

“Mangia quello che vuoi.” Andarono insieme alla porta sul retro.

“Ehi…” disse Fatima, prima che lui uscisse.

“Dimmi.”

“Sei gentile…” Gli saltò al collo e lo abbracciò forte.

“Non ho fatto nulla… dai… adesso vado…” sussurrò. La ragazzina si staccò dal suo collo, aveva le lacrime agli occhi.

“Non ti dimentico” disse.

“Torno tra poco” borbottò il cuoco, tirando su con il naso, e mentre se ne andava a passo svelto sentì alle sue spalle la serratura che si chiudeva. In macchina si asciugò le lacrime. Quella mattina era cominciata come tutte le altre, e adesso la giornata era tutta diversa. Sorprese della vita, pensava. Quella bimba tutta

sola in un continente sconosciuto, senza genitori, braccata dalla polizia… Ma che mondo era, porca miseria. Adesso Fatima avrebbe avuto una famiglia, almeno fino a quando non avesse ritrovato la sua… Povera piccola sperduta nella foresta della vita…

Fece la spesa con il capo pieno di pensieri e di progetti. Avrebbe fatto il possibile per proteggere Fatima, per darle un po’ di sicurezza e molto affetto. Pagò alla cassa e tornò di filato al Battibecco. Bussò alla porta sul retro, ma Fatima non si vedeva. Abbassò la maniglia e vide che la porta era aperta.

“Fatima? Dove sei? Fatima…” Entrò in cucina, ma lei non c’era. Sopra i fornelli c’era un biglietto: Claudio, tu es très gentil, merci pour tout ce que tu as fait pour moi, pour une inconnue… mais je dois continuer mon aventure, je veux trouver un moyen d’amener ma famille en Europe. Je ne t’oublierai pas.

Fatima.

Claudio si sentì mancare il fiato. Uscì fuori per andare a cercarla, guidando nelle strade di campagna intorno al paese, con la paura di vederla arrestare dalla polizia. Ma non la trovò. La sua giornata continuò senza quella luce, e per giorni si sentì molto triste, anche se a tirarlo su c’era la sua bella famiglia. Nella sua memoria rimase un angolino per Fatima, per i suoi occhi grandi e pieni di vita.

Passarono sette anni, e una mattina al ristorante arrivò una lettera indirizzata a lui. La aprì con aria perplessa, ma subito sorrise… Fatima era a Parigi, era riuscita a trovare lavoro e anche a pagarsi gli studi, e come sognava era riuscita a riunirsi con la sua famiglia, i genitori, il fratello e le sorelline. Gli mandava l’indirizzo e lo invitava ad andare a trovarla. Claudio chiamò subito il proprietario del Battibecco.

“Ehi capo, vado una settimana a Parigi a imparare come si fa il cous cous.”

“Va bene… Ma come mai stai piangendo?”

“Non lo so… Non lo so…”

3-fine