"Gli affreschi di Piero della Francesca, rispetto a quei tempi, si possono chiamare troppo belli e troppo eccellenti", scriveva Giorgio Vasari nelle sue Vite datate 1550. Quasi mezzo millennio dopo sono stati 1800 i fortunati che hanno potuto ammirare, a una spanna dal naso, la Leggenda della Vera Croce nella basilica di San Francesco ad Arezzo.
È finito con un sold out il programma di visite straordinarie "All’altezza di Piero" dalle impalcature per i lavori di ripulitura del capolavoro pierfrancescano: 45 giorni con 40 visite quotidiane salendo le scalette delle impalcature con il casco giallo. Dal 28 marzo la cappella Bacci riaprirà al pubblico con le visite dal basso: sono duemila le prenotazioni su museiarezzo.it e museitoscana.cultura.gov.it oltre che sull’app Musei Italiani del ministero della Cultura.
Le visite dalle impalcature sono state realizzate in collaborazione con la fondazione comunale Arezzo Intour, che gestisce i servizi museali dei musei statali aretini, ha fatto registrare il tutto esaurito e ha acceso un nuovo interesse verso l’opera di Piero della Francesca.
L’intervento di manutenzione è successivo all’ultimo monitoraggio sugli affreschi che risale al 2016. Le analisi di laboratorio dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze hanno dimostrato che sulla superficie non c’è solfatazione, dannosa alterazione chimica dell’intonaco che è stata la prima causa di degrado del ciclo di Piero e risolta dall’intervento di restauro del 2000, finanziato da Banca Etruria.
La Leggenda della Vera Croce, realizzata dall’artista in un periodo compreso tra il 1452 e il 1466, presenta una serie di episodi tratti dalla Legenda Aurea del frate domenicano Jacopo da Varagine, una raccolta di vite dei santi e spiegazioni delle feste liturgiche. Le scene in tre livelli sulle pareti della cappella Bacci, dietro l’altare, raccontano la storia della Vera Croce sulla quale venne crocifisso Gesù Cristo, a partire dalla nascita dell’albero da cui proviene il legno col quale fu realizzata.
L’opera di Piero della Francesca fu commissionata da Baccio di Maso Bacci, un ricco mercante aretino che nel suo testamento aveva previsto la decorazione della basilica per farsi perdonare l’usura praticata in vita.
Disposizioni che furono messe in pratica solo trent’anni dopo la sua morte con la vendita di una vigna da parte dei discendenti: per Piero, nativo di Sansepolcro e già conosciuto oltre Appennino, era l’occasione per farsi apprezzare nella città più importante della sua terra.
Il ciclo dei dodici affreschi è diventato simbolo universale della morte e della rinascita, delle sofferenze e della speranza, del giudizio e della salvezza che si traduce in geometria, estetica e simbolismo. Un capolavoro che a fine mese torna a disposizione dei visitatori, solo dal basso.