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Il derby di Serafini: "Questo Arezzo è da C"

Matteo ha vinto un campionato col Livorno e uno con il Cavallino. "Che ricordi insieme a Somma". E poi quella tripletta a Gigi Buffon

Il derby di Serafini: "Questo Arezzo è da C"
Il derby di Serafini: "Questo Arezzo è da C"

di Luca Amorosi

Livorno-Arezzo di domani è un derby dal sapore antico che ha avuto tanti protagonisti degni di nota. Alcuni hanno lasciato il segno vestendo tutte e due le casacche amaranto: tra questi Matteo Serafini, che ha vinto un campionato di serie C con entrambe.

Serafini, che partita è Livorno-Arezzo?

"Come tutti i derby toscani è molto sentita. Sono due città molto diverse che ho avuto l’opportunità di conoscere grazie al calcio e a cui sono legato. A Livorno li abbiamo riportati in B dopo cinquant’anni, ad Arezzo eravamo un’onda che travolgeva tutto. Livornesi e aretini sono agli antipodi: più multietnica Livorno; più ‘gelosa’ delle proprie radici Arezzo. Ma sono due tifoserie molto calorose. In campo, a oggi, mi sembra di capire che l’Arezzo, dopo un anno di sofferenza, è sulla strada giusta e sta portando risultati ed entusiasmo. A Livorno, invece, penso abbiano bisogno di un altro anno di purgatorio".

Nel suo anno e mezzo ad Arezzo è successo di tutto. Come se lo spiega?

"È il bello del calcio: offre sempre occasioni di riscatto. Arrivai proprio dal Livorno a gennaio 2003 e quella stagione finì male, poi ci ripescarono e si creò un’alchimia unica tra giocatori, allenatore e tifosi. Per quanto mi riguarda, Somma vide in me le caratteristiche ideali per giocare vicino alla punta, capì che sapevo attaccare l’area e finalizzare, anche se mi diceva sempre che non dovevo sentirmi un attaccante e che dovevo portare equilibrio".

La prima cosa che le viene in mente di quella stagione?

"Un aneddoto che sanno in pochi: eravamo in ritiro e un giorno Somma ci portò in una chiesetta, era una specie di seduta psicologica per farci credere nel lavoro che stavamo facendo. Lì raccolsi un sasso, non so nemmeno perché. Quel sasso me lo sono portato dietro per 14 anni, finché non lo persi a Busto Arsizio. Ormai era un talismano".

Dopo l’Arezzo arrivò la serie A: cosa le resta?

"Ci sono arrivato solo a 27 anni e ho raccolto appena una trentina di presenze senza segnare neanche un gol. Mi sento di averla appena sfiorata, ma era un altro calcio: il livello era altissimo ed era una battaglia continua per guadagnarsi il posto. Ricordo però una grande stagione a Empoli con Somma e Cagni, conclusa all’ottavo posto". La tripletta a Buffon in B?

"Ne ho fatte poche di triplette in carriera, per cui le ricordo tutte, anche quella contro il Catanzaro in Supercoppa di C. Quella contro la Juve però è speciale: segnai tre eurogol ed ero in giornata di grazia, di quelle che si contano nelle dita di una mano in un’intera carriera".

Lei ha vinto anche in D in piazze blasonate come Venezia e Trieste. Qual è il segreto?

"In D ci sono sceso per la prima volta a 37 anni e mi sono accorto che le poche squadre per girone che vogliono vincere devono essere costanti e pratiche. A Venezia avevamo un credo: approcciare sempre forte ogni gara, indirizzarla nella prima mezz’ora e non dare fiducia agli avversari. L’Arezzo deve far capire ogni domenica che per le altre non ce n’è".

L’Arezzo può farcela?

"Mi auguro davvero di sì. E credetemi, vincere è bello in ogni categoria, ne so qualcosa. Forza Arezzo!".