
di Lucia Bigozzi
Nel giorno in cui il suo nome entra nell’albo del premio San Michele d’oro, lui ne approfitta per una sgambata su per la Foce con Fabrizio Ravanelli, il sindaco Mario Agnelli e Eros Capecchi. Quella strada è la sua palestra naturale, il percorso preferito per "fare le gambe" e rimettere in fila pensieri e progetti, ora che la nazionale italiana di ciclismo su strada ha in Daniele Bennati il suo Ct. Sorriso aperto che tradisce un velo di timidezza e la semplicità che solo i grandi campioni sanno dimostrare, Bennati alza al cielo il San Michele d’oro quasi fosse una delle 54 vittorie conquistate in diciotto stagioni: dal Tour de France, al Giro d’Italia, alla Vuelta. Nel 2019 ha lasciato la carriera da ciclista ma non il ciclismo, facendosi apprezzare come commentatore Rai. Il San Michele d’oro gli è stato assegnato "per acclamazione" e già nella definizione sta l’affetto dei castiglionesi. Il "Benna" come lo chiamano qui, lo ha ricevuto dalle mani del sindaco Mario Agnelli, non solo compagno di bici ma amico di lungo corso.
"Ricevere questo premio è un’emozione speciale perché qui ci sono le mie radici, qui vivono i miei genitori e mio fratello, qui mi alleno nel tragitto della Foce e in altri percorsi fantastici che esistono solo in Valdichiana". Il nuovo incarico lo prende con lo stesso senso di responsabilità del passaggio al professionismo, cioè come "un punto di partenza, non di arrivo", scandisce davanti alla selva di microfoni e telecamere, ben consapevole che "si lavora un anno per poi giocarci tutto in un appuntamento e sappiamo che se le cose vanno bene sei bravo, altrimenti no". I nuovi traguardi nel 2022 da tagliare con le braccia al cielo si chiamano campionato europeo e mondiale; si comincia il 2 marzo con "il trofeo Laigueglia e altre gare del calendario italiano che affronteremo dando la possibilità ai giovani di confrontarsi con il professionismo" spiega Bennati che porta con sé l’insegnamento, professionale e umano, di due maestri: Alfredo Martini e Franco Ballerini.
"Franco è stato il mio idolo, ha vinto due volte la Parigi-Roubaix che avrei voluto vincere io; è stato lui a selezionarmi per il primo mondiale nel 2002, poi per Madrid. Con Alfredo passavo molto tempo: non era solo un ottimo dirigente sportivo, era un vero uomo che ti insegnava i valori della vita; per me è stato come un padre e un nonno visto che con mio nonno Gino erano quasi coetanei. Spero di riuscire a trasmettere ai miei ragazzi gli insegnamenti che ho ricevuto da loro". E chissà cosa avrebbe detto il nonno Gino se fosse stato in prima fila ad applaudire il nipote: fu proprio lui, ciclista fino al midollo, a regalare a Daniele Bennati la sua prima bicicletta. Il "Benna" aveva dieci anni e quella bici è stato il suo biglietto per la gloria.