Martina, l'amarezza del babbo: "Per mia figlia una giustizia dimezzata"

Parla il padre della ventenne morta a Palma di Maiorca: la prescrizione ha cancellato metà delle accuse per i ragazzi che cercarono di stuprarla

Bruno Rossi all'uscita dopo la sentenza

Bruno Rossi all'uscita dopo la sentenza

Arezzo, 11 febbraio 2020 - «Martina non me la ridà nessuno, ma almeno spero che per lei e per noi ci sia un po’ di giustizia, sia pure dimezzata, per la prescrizione di uno dei due reati». Alle sette della sera, dopo la requisitoria del Pm Luciana Singlitico che ha chiesto la conferma (3 anni) della condanna per la tentata violenza sessuale di gruppo che resta in piedi, Bruno Rossi, il padre, uno che insieme alla moglie Franca non molla mai, è un po’ sollevato, anche se la storia della prescrizione proprio non gli va giù.

Come vi sentite, voi genitori, adesso che anche in appello la procura generale propone la condanna? «C’era un po’ di timore. Ma io sono un militante, un vecchio camallo, un portuale di Genova che non si arrende. Non è stata una giornata semplice, avevamo paura ma sia il giudice relatore che il Pm sono stati splendidi nel ricostruire i fatti, nello spiegare perchè mia figlia non si faceva mettere le mani addosso da nessuno, non faceva sesso col primo venuto. Certo, resta una grande amarezza...».

Già, voi non l’avete mai nascosto che la prescrizione di metà del processo non vi pareva giusta. «In venti minuti, all’udienza dello scorso autunno, la corte d’appello ha deciso che uno dei reati non c’era più, che non poteva essere perseguito, che non c’erano colpevoli. Per me è un’ingiustizia profonda. Ma non me la prendo coi giudici che applicano la legge. E’ la politica che ci deve pensare. Per questo con mia moglie abbiamo chiesto un incontro al ministro della giustizia Bonafede».

E lui vi ha ricevuti... «Io sono un antico uomo di sinistra, uno come Bonafede non mi è mai stato politicamente vicino. Però ho trovato una persona seria, uno che ci ha ascoltati e mi ha convinto che prendeva a cuore la nostra situazione ma anche e soprattutto il caso della prescrizione».

Quindi lei è convinto che abbia ragione il ministro quando vuole fermare l’estinzione dei reati dopo il primo grado.? «Qui stiamo parlamdo di qualcosa che assomiglia a un omicidio. Come si fa a dire che non si può più andare avanti perchè è passato troppo tempo? Non è nemmeno questione di essere di sinistra o di destra. E’ un problema di morale, di costume. Per me è inaccettabile e fa bene chi vuole cambiare questo stato di cose. I delinquenti sono delinquenti. Lo dicevano anche i padri nobili della sinistra di una volta».

A chi si riferisce? «Penso a Umberto Terracino, che frequentava casa di mio padre quando io ero un ragazzo. I delinquenti devono stare in galera, diceva sempre. E questi due ragazzi aretini, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, hanno fatto qualcosa di veramente orribile».

A dire il vero, la sentenza non è ancora definitiva. Lei, comunque, uno dei due, Vanneschi, se lo è trovato davanti in aula per tutta la giornata. Cosa ha pensato se avete incrociato gli sguardi? «Lui è sempre stato a testa bassa, non ci siamo guardati. Ma quando lo vedo non posso fare a meno di pensare che ha messo le mani addosso a mia figlia. C’è più di uno stato di disagio a stare insieme per ore nello stesso spazio. Mi viene voglia di... Non mi faccia dire di cosa mi viene voglia».

Per adesso però c’è solo la requisitoria del Pm. Manca ancora il verdetto dei giudici d’appello. Con quale stato d’animo lo aspetta? «Quando non si ha più niente da perdere, come accade per me e mia moglie, rimane solo l’aspettativa della giustizia. Spero in una sentenza che riaffermi quello di cui noi non abbiamo mai dubitato, fin da quando siamo andati a recuperare la salma a Palma di Maiorca, il 3 agosto 2011. Martina era una brava ragazza, non quella che hanno cercato di descrivere. Era una alla sua prima vacanza da sola e non è tornata viva. Nove anni sono passati, troppi. Ma almeno che finalmente esca la verità»