CAMILLO
Cronaca

La Popolare antenata di Etruria 140 anni fa in una città alla vigilia del decollo economico

L’anniversario proprio mentre arriva la sentenza sul crac. Era l’epoca dei treni, di via Guido Monaco e delle grandi celebrazioni dedicate

Camillo

Brezzi

Gli avvenimenti di cronaca (in questo caso giudiziaria) spesso rimandano ad eventi storici più o meno lontani. In questo caso a 140 anni or sono, il 16 aprile 1881, quando "pochi volenterosi, illuminati da una profonda fede che ai più sembrò allora non priva di illusione" dettero vita alla Banca Mutua Popolare Aretina Società Anonima, il primo nome della futura Banca Etruria. Si dovette attendere un po’ di mesi per ottenere che il Regio Decreto approvasse lo Statuto, affinché la Banca potesse "diffondere il credito anche fra i piccoli industrianti ed i lavoratori – come si legge sulla “Gazzetta Aretina” – onde toglierli dalle pugne rapaci degli strozzini e dalle strette del Monte di Pietà". L’11 giugno 1882 si teneva l’assemblea dei 22 soci fondatori e il 1° agosto apriva il primo sportello in via della Fioraia.

La nascita della Banca Popolare coincide con l’inizio dell’età contemporanea della storia aretina. Più che l’annessione al nuovo Stato unitario, è con gli anni Ottanta che si assiste a un visibile processo di mutamento sul piano economico e sociale. Pur mantenendo non pochi tratti di continuità con l’epoca precedente, questa fase è caratterizzata da elementi del tutto nuovi che sono alla base delle future trasformazioni sociali nel territorio. Sono segnali che non incidono nella struttura socio-economica prevalente ancora legata – e lo rimarrà a lungo - al settore agricolo, ma sono di per sé sufficienti a mostrare come sul piano delle comunicazioni, della struttura urbanistica, dell’associazionismo e delle strutture economico-finanziarie molto si stia muovendo rispetto al periodo preunitario e ai primi anni dell’Arezzo parte dello stato nazionale.

All’inizio degli anni Ottanta si vuol rendere più agevole la viabilità della provincia (dopo che nel 1864 la linea Firenze - Roma aveva raggiunto Arezzo). Con l’Arezzo – Stia e la Arezzo – Fossato di Vico si vuol porre fine all’isolamento del Casentino e l’Alta Valtiberina, mentre si progetta l’Arezzo – Sinalunga. L’ampliamento delle linee ferroviarie comportano modifiche urbanistiche, in particolare il collegamento tra zona ferroviaria e centro storico, con il piazzale antistante la stazione, l’ampia e diritta via Guido Monaco che incrocerà la omonima piazza sino alla ingrandita piazza S. Francesco, che comportò l’abbattimento di diversi edifici e un tratto delle mura medicee. Questi lavori avranno un momento di particolare importanza nel settembre 1882 con l’inaugurazione del monumento a Guido Monaco (opera di Salvino Salvini) accompagnati da festeggiamenti vari, tra cui la rappresentazione al Teatro Petrarca del Mefistofele, presente l’autore Arrigo Boito, mentre l’illuminazione elettrica fa la sua comparsa nelle strade cittadine.

L’agricoltura rimane la base dell’economia territoriale sia per l’estensione della provincia (anche se con terreno montagnoso e collinare) sia per l’alta densità della popolazione residente nelle campagne. Secondo l’indagine di Carlo Massimiliano Mazzini, pubblicata nel 1881 nell’ambito dell’Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola (più nota come Inchiesta Jacini), il 49% della superficie della provincia era coltivata, il 24% era zona boschiva, il 22% era incolto e il 5% era occupato da fabbriche. Anche nell’aretino, come in tutta la Toscana, la conduzione più usata era la mezzadria, che secondo l’Inchiesta Jacini, era il sistema necessario e provvido, oltre a raggiungere "la soluzione del problema più intralciato dell’epoca nostra, e toglie ogni antagonismo fra capitale e lavoro".

Negli ultimi decenni dell’Ottocento il settore artigianale si va trasformando e, sebbene non si possa parlare di vera e propria industrializzazione, si vede come già si pongano le basi di alcuni settori industriali che diverranno nei decenni successivi i principali poli dell’economia della Provincia aretina. Il settore tessile, quello alimentare per la lavorazione della pasta, le cinque miniere per l’estrazione della lignite, le due industrie per la lavorazione del ferro, le tre industrie di terraglie e stoviglie, le dieci industrie per la lavorazione del legno. I centri industriali si concentreranno in Arezzo, Sansepolcro, alto Casentino e Valdarno nel triangolo S. Giovanni, Montevarchi, Cavriglia. Da ricordare le pessime condizioni di lavoro con orari che oscillavano fra le dodici e le tredici ore: a Montevarchi le setaiole entravano in fabbrica alle 4 del mattino per uscirne alle 19, con un’ora di pausa per il pranzo.

La vita politica era ristretta alla borghesia liberale e dopo la piccola riforma elettorale del 1882 avevano diritto di voto il 6,3% della popolazione aretina e veniva esercitato da circa il 60% scegliendo tra due Associazioni, la Democratico-progressista e la Costituzionale. La seconda proprio in occasione delle elezioni dell’82 aveva compiuto "un fatto della più alta importanza", secondo il Prefetto Domenico Tonarelli: "si è spogliata del titolo costituzionale, che le dava un impronta di opposizione, e d ha assunto quello di Unione Monarchico-liberale". Al rappresentante del governo non sfuggiva che "se si dovesse giudicare dal numero di conventi da tempo ormai ricostituitisi e dal numero dei frati onde son popolati, non si potrebbe fare a meno di ritenere assai pericoloso il partito clericale".

Il quadro socio-economico, così come la struttura del credito con la Banca Popolare, in gran parte non si modificherà nei successivi decenni. Bisogna attendere gli anni Sessanta del Novecento per assistere a un processo di trasformazione pari a quello che aveva caratterizzato gli anni Ottanta dell’Ottocento. Il ribaltamento del rapporto industria agricoltura (a favore della prima) fa entrare in pieno anche la realtà aretina nel "boom economico". Il 18 dicembre 1971 cessa di esistere la Banca Popolare Aretina la quale, fondendosi con quella di Livorno, quella Senese e incorporando quella di Montepulciano, va a costituire la Banca Popolare dell’Etruria. Il resto più che storia è cronaca, anche giudiziaria appunto.