La grande quarantena, 350 mila in casa: città svuotate, bus deserti, traffico al minimo

La prefettura: autocertificazione anche per muoversi dentro i comuni. In fila solo per la spesa, chiusi anche molti dei negozi autorizzati ad aprire

La città deserta

La città deserta

Arezzo, 13 marzo 2020 - E’ la più grande quarantena che sia mai stata imposta agli aretini, più che ai tempi delle grandi pestilenze di cui non è rimasta neppure la memoria: 350 mila persone confinate dentro le mura di casa, 350 mila che possono uscire (se escono) soltanto per andare e tornare dal lavoro, per la spesa, per gravi problemi di salute.

E anche per quelli da ieri, come ha chiarito la prefettura interpretando l’ultimo decreto del governo, il più drammatico, serve di avere l’autocerficazione in tasca, come per andare a fare una passeggiata o una sgroppata di footing, rigorosamente distanziati perchè il sudore dell’uno non si trasmetta a quelli che gli stanno vicino.

Una specie di coprifuoco che possono ricordare solo i più anziani,quelli che hanno conosciuto i tempi della guerra. Le strade sono praticamente svuotate dal traffico, i bus circolano ma quasi senza passeggeri, i parcheggi una distesa di posti liberi. Una ritirata fra le mura domestiche che era già cominciata fra lunedì e martedì con la grande serrata dei negozi, prima ancora che il premier Conte imponesse la chiusura.

Restano aperti solo i supermercati, le farmacie, le edicole, i tabaccai, i pochi generi alimentari rimasti in città e quelli che sono ancora un presidio essenziale nei piccoli centri della provincia. Sulle città, a cominciare dal capoluogo, stordite dalla stretta progressiva degli ultimi tre giorni, regna un silenzio che assorda.

Manca per la prima volta il rumore di fondo del traffico, delle voci, delle decine di migliaia di persone che si muovono tutte insieme. Il Corso, come le altre strade dello shopping della provincia, è una distesa di saracinesche abbassate per obbligo e anche per scelta. Hanno chiuso pure alcune delle attività cui era permesso di tenere le luci accese: molte profumerie, quasi tutti i negozi di telefonia e informatica, alcuni ottici.

Ha pesato probabilmente il calcolo che in queste condizioni aprire sia un costo non compensato da un minimo di incasso, con i pochi passanti che sfilano via frettolosi, E anche quelli che hanno deciso di alzare le serrande non vanno oltre le sei del pomeriggio, l’orario che in tempo di guerra era quello del coprifuoco.

Quando cala il buio, i centri storici sono deserti in cui si avventurano smarriti in pochissimi, in gran parte protetti dalle mascherine o anche semplicemente da uno sciarpone calato sulla faccia. In via Guido Monaco, davanti alla Conad, colpisce la coda ordinata e distanziata di quelli che aspettano di entrare a scaglioni dentro il supermercato più frequentato del centro.

Non una protesta, non uno spintone, solo il silenzio della rassegnazione e della responsabilità, della paura e della disciplina improvvisamente riscoperta di fronte a un’emergenza di dimensioni mai viste dalle generazioni del dopoguerra. Nei quartieri, in periferia e nei paesi gli unici centri di aggregazione degli aretini sono supermercati e ipermercati. Al centro commerciale Setteponti sono aperti anche il negozio Vodafone ed Euronics.

La Coop come le altre sigle della grande distribuzione da Esselunga aPam possono vendere non solo generi alimentari ma anche il resto della merce sui banchi, dalle pentole alla biancheria intima. Anche le banche riducono la loro attività al minimo indipensabile: quasi tutte chiudono l’orario di sportello a fine mattinata, nel pomeriggio si entra solo per appuntamento. I bancomat sono normalmente attivi.

Continua invece l’attività produttive. Le fabbriche funzionano regolarmente, almeno finchè riescono a garantire la sicurezza sanitaria. Non disertano gli imprenditori e non disertano neppure i lavoratori.

La Fiom, i metalmeccanici della Cgil, dice che si va avanti fino quando le imprese ce la fanno a tutelare le norme di igieniche e di distanza. Altrimenti non si esclude lo sciopero. Le edicole intanto fanno l’esaurito dei giornali: la gente ha fame di notizie mentre si rinchiude dentro casa per un’altra notte nel segno dell’emergenza