Jacopo, la morte a 8 anni ai raggi "x": quel videogioco interrotto

Un esperto valuterà dal punto di blocco se il game c’entra in qualche modo con la tragica caduta del figlio di Bacis

Jacopo Bacis con Enzo Bertocci e i suoi maestri di karate

Jacopo Bacis con Enzo Bertocci e i suoi maestri di karate

Arezzo, 21 maggio 2020 - La realtà virtuale lo ha portato fuori dalla realtà vera, fino a confonderlo fra il mondo fantastico dei videogames e la concretissima finestra dalla quale è volato giù: tre piani fino al selciato di antiche pietre di un vicolo del centro storico di Arezzo, a due passi dal Palazzo dei Priori, splendido edificio trecentesco e sede del Comune.

È la principale ipotesi sulla quale lavorano gli inquirenti (il Pm Roberto Rossi e la squadra mobile) a proposito della morte di Jacopo Bacis, 8 anni, figlio di un ex calciatore molto noto, Michele, che ha giocato nella Fiorentina, nel Genoa, nella Triestina e anche nell’Arezzo, di cui è stato poi allenatore. Il piccolo è precipitato dalla sua cameretta sabato sera, ultimo weekend del lockdown.

Inutili i tentativi di rianimarlo, è morto praticamente sul colpo. Un incidente, ma perché? Di sicuro c’è solo che Jacopo era solo nella sua stanza, nella quale, subito dopo, gli uomini della Mobile hanno ritrovato un tablet, un Ipad, ancora acceso su un famoso videogame, uno dei più popolari fra i bambini, molto discusso fra i genitori, che lo contestano per la violenza delle scene e anche per gli effetti di straniamento che ha sui figli.

Si tratta di una sorta di gioco di ruolo, nel quale i giocatori (fino a quattro) si immedesimano in ruoli da missioni di salvataggio e combattimento, ovviamente virtuali. Ce ne sono varie versioni, che vanno dalla Terra devastata da una catastrofe naturale che ha sterminato il 98 per cento della popolazione, coi sopravvissuti costretti ad affrontare un’invasione di alieni, fino a un gruppo di giovani abbandonati su un’isola deserta che devono combattere per la loro salvezza.

Non si sa ancora a che punto del videogioco fosse arrivato Jacopo, alunno di terza elementare al Convitto Nazionale, la scuola-bene di Arezzo, e già un piccolo campione di karate: lo dovranno ricostruire gli esperti cui si affideranno la procura e la mobile.

I trailer che è facile trovare su Internet, dove il gioco è scaricabile on line, sono espliciti: figure che sparano, figure che saltano da un palazzo all’altro, da un angolo all’altro, in stile 007 cartonato e senza ironia. Certo anche che il bimbo stesse giocando con un coetaneo, mentre il fratellino di 12 anni, il padre ex calciatore e la mamma stavano in altre parti dell’appartamento.

Cosa sia successo dopo per ora è affidato solo a scenari che sono sì ragionevoli ma che devono essere ancora verificati, se mai sarà possibile. Se dunque il controllo del tablet dovesse portare a ricostruire che il gioco si è interrotto su una di queste mirabolanti missioni, verrebbe naturale di pensare che Jacopo abbia perso il contatto con la realtà della sua camera e l’abbia scambiata per il retroterra del videogame, senza accorgersi che stava saltando da una finestra vera e non virtuale.

Dal punto di vista giudiziario, non c’è reato, tanto che il fascicolo del Pm Rossi è stato iscritto a modello 45, cioè come atti conoscitivi. E tuttavia gli inquirenti sentono il dovere di ricostruire, eventualmente di lanciare l’allarme, se dovesse risultare una consequenzialità fra il game e la caduta. Per Jacopo, i cui funerali si sono svolti martedì nella cattedrale di Arezzo, è troppo tardi. Ma per tanti suoi coetanei no.