"Due ragazzi d'oro": archivio, l'emozione del direttore. L'arrivo delle ispettrici

Il racconto dell'emergenza. Parla il capo dei vigili: "La chiamata prima delle 8: ecco cosa è successo". Da Roma i controlli a tempo di record

Le ispettrici del ministero

Le ispettrici del ministero

Arezzo, 21 settembre 2018 - La polo rossa di un giorno normale, indossata al mattina e in vista di una giornata come tante altre; giornata in ufficio, nel solido e sicuro palazzo che ospita l’Archivio di Stato in piazza del Commissario. Tutto avrebbe pensato il direttore, Claudio Saviotti, fuorché di ritrovarsi in mezzo a una tragedia senza precedenti, alla morte di due persone apprezzate, di due dipendenti storici, di «due indefessi lavoratori» come li definisce Paola Benigni che l’Archivio lo aveva diretto nel 2007. Saviotti, la faccia stravolta dal lutto e dal peso insostenibile di una disgrazia impensabile, esce alle 14 dall’antico palazzo, «niente posso dire sulla dinamica dei fatti a cui peraltro non ho assistito personalmente».

Ma con voce accorata descrive «quei cari ragazzi», Piero Bruni «che guidava l’ufficio amministrativo», e Filippo Bagni, «un commesso che stava in segreteria, sempre disponibile con tutti». Erano arrivati presto al portone dell’austero edificio, «il lavoro - spiega Saviotti - può iniziare alle 7,30 per i nostri undici dipendenti». Ed è appunto poco dopo le 7,30 che Piero e Filippo hanno preso a scendere, sicuramente tranquilli e senza alcun senso di paura, quelle ripide scale che invece li stavano portando all’appuntamento con la morte.

Saviotti descrive con parole commosse lo choc che attanaglia l’intero personale, stato d’animo che ci conferma un’impiegata sul terrazzino del palazzo: «Potete immaginare come stiamo messi, non possiamo dire nulla ma questa è una mazzata del destino che ha colpito due bravissimi colleghi». Poi arrivano in auto, da Roma, tre ispettrici del ministero dei beni culturali da cui l’Archivio di Stato dipende.

Le ha inviate Gino Famiglietti, direttore generale degli Archivi, dietro precisa richiesta del ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli. Ma intanto Saviotti era già rientrato in ufficio col suo pesante fardello. Un paio di ore dopo, via degli Accolti, tutt’altra zona della città. Disponibile l’ingegner Paolo Qualizza, comandante provinciale dei vigili del fuoco. Friulano di Udine, con tanti anni di esperienza romana, ne ha viste in carriera di cotte e di crude, ma forse gli mancava una doppia morte provocata da un sistema anti-incendio.

«E’ presto, troppo presto per capire cosa sia effettivamente successo», dice prudente.Ma in effetti è questa la rappresentazione della realtà con una serie di incognite che soltanto accurate perizie potranno chiarire. Qualizza racconta cosa hanno fatto i suoi uomini: «La mobilitazione è stata immediata dopo aver ricevuto la chiamata, in cinque minuti i miei erano già all’archivio e sono stati loro a recuperare i due dipendenti portandoli all’esterno per essere sottoposti alle manovre di rianimazione, purtroppo inutili. Quindi ci siamo dedicati alla messa in sicurezza dei locali ed è stata un’operazione lunga, in questi casi non si puà tralasciare niente».

Un dubbio aleggia sulla tragedia, ma se i vigili fossero stati chiamati quando è scattato l’allarme? «Saremmo andati, come d’altra parte è stato fatto anche durante l’intervento, forti dell’equipaggiamento d’ordinanza, con maschere e bombole d’ossigeno. E forti pure di una professionalità rodata nel corso di tanti interventi. Ma questa è una considerazione di carattere generale e che prescinde da quanto avvenuto all’Archivio di Stato».