Covid. La drammatica testimonianza di un 35enne montevarchino. "Io intubato al San Donato"

E' un racconto terribile quello di Lorenzo Stocchi, che si trova ancora ricoverato. Ha visto morire anche un compagno di stanza. E' collaboratore del sindaco Chienni

Lorenzo Stocchi al San Donato

Lorenzo Stocchi al San Donato

Arezzo, 12 novembre 2020 - Lorenzo Stocchi è un giovane montevarchino di 35 anni. Lavora in comune a Terranuova nella segreteria del sindaco Chienni. Ha avuto il Covid, ma non era asintomatico. Quando è arrivato al San Donato di Arezzo aveva il polmone destro collassato, quello sinistro messo male e respirava a fatica. Dopo 11 giorni con il casco, è finito in terapia intensiva, intubato. Ha avuto crisi di pianto, ha visto morire il suo compagno di stanza, ha perso 12 kg. Adesso, per fortuna, sta meglio, ma ha voluto raccontare pubblicamente la sua terribile esperienza per lanciare un appello accorato anche ai giovani. “Bisogna prevenire il virus a tutti i costi, fare sensibilizzazione e convincere gli scettici. Perché anche loro se ne renderanno conto quando una persona vicina è in fin di vita, ma sarà già tardi”, ha scritto  in un lungo post direttamente  dal letto dell’ospedale. Magari questa mia esperienza  servirà per sensibilizzare coloro che ancora si ostinano a portare la mascherina sotto al naso e fare le cene con gli amici”, ha detto Lorenzo.

Tutto è partito il 19 ottobre, quando è  dovuto andare al pronto soccorso oculistico dell'ospedale di Arezzo per una lesione alla cornea. “C'erano moltissimi pazienti in attesa, tutti forniti di mascherina e gel igienizzante. Ma purtroppo in qualche modo il virus, o grazie alle difese immunitarie abbassate o per il fatto che inconsciamente mi toccavo spesso l'occhio, è riuscito a passare – ha detto - . Dopo cinque giorni, mentre ero in ufficio, è arrivato un leggero mal di testa e quando sono arrivato a casa avevo la febbre a 37.3. Automaticamente mi sono isolato.  La mattina successiva sono andato, privatamente, a fare il test seriologico che è risultato negativo. Ma una volta a casa, la febbre era salita a 38.5".

I passi successivi sono stati il tampone eseguito in modalità drive-through, l'intervento dell'USCA e il ricovero a San Donato. "Mi hanno messo il casco per respirare, l’ho tenuto per 11 lunghissimi giorni. Ossigeno sparato à 60lt/minuto, un rumore assordante e continuo che mi impediva di sentire quello che mi dicevano i medici", ha detto Lorenzo, che successivamente è stato trasferito in terapia intensiva. "Ed è cominciato l'incubo. Tra catetere arterioso, catetere venoso, accessi periferici, catetere vescicale, sonde, tubi.. Ero limitatissimo nei movimenti - ha sottolineato - e non potevo muovere bene le braccia per scrivere ai miei cari per cercare un conforto. Ero isolato.  Nudo in un letto con medici e infermieri che si aggiravano per la stanza, somministrandomi terapie e azioni per far ripartire i polmoni. Hanno provato a rincuorarmi, ma psicologicamente era veramente dura.  Poi – ha proseguito nel suo drammatico racconto - il mio compagno di stanza è morto.. Ed anche se non lo conoscevo, era lì accanto a me da tre giorni. A quel punto sono crollato.  Durante le notti infinite, ho avuto delle incontrollabili crisi di pianto. Un pianto di disperazione che non mi sarei mai aspettato da me, sempre cinico e razionale. Il quarto giorno hanno chiamato i miei per dirgli che mi avrebbero intubato".

Adesso sta meglio, è stato riportato nel reparto malattie infettive ma ha perso fino a 12 kg. " E’ stata un’esperienza terribile – ha concluso Lorenzo - . Io ho 35 anni, vado in palestra e sono in ottima forma fisica, non ho patologie pregresse godo (godevo) di ottima salute. Sono sempre stato molto attento a disinfettare correttamente le mani ed ho sempre tenuto la mascherina; eppure il virus è riuscito a passare”.