GLORIA PERUZZI
Cronaca

"Cercavo il mio posto nel mondo". Giovanni, il viaggio di un nomade e il coraggio di ripartire da zero

Ardenti speranze e delusioni sono una costante nella sua vita, ma lui non si arrende davanti alle sfide. Nell’autobiografia annota le avventure in Argentina, Francia, Brasile. E insegue l’idea di un lavoro stabile.

Emigrati italiani in Argentina: Giovanni Stefanolo racconta la sua esperienza

Emigrati italiani in Argentina: Giovanni Stefanolo racconta la sua esperienza

Una danza eterna, in cui ogni passo è un atto di coraggio e ogni caduta un’opportunità per rialzarsi con più forza. Se proprio dovessimo sintetizzare in poche parole la vita di Giovanni Stefanolo, potremmo usare queste. Con uno stile vivace, a tratti cinematografico, Giovanni ci fa rivivere il suo continuo viaggio alla ricerca di un posto nel mondo, nell’autobiografia "Ricordi di un nomade", in cui ripercorre gli anni dal 1880, quando nasce a San Marzano Oliveto in provincia di Asti, al 1935. Sin da bambino, il suo spirito inquieto e ribelle alle regole lo spinge a fuggire dal collegio e a sfidare l’autorità paterna.

Le sue avventure si snodano tra mestieri di ogni sorta: calzolaio, pasticciere, barbiere: "... abbandonai, insalutato ospite il posto di figaro, ed il suo Nizza e andai diffilato al paese. Una lunga sequela di lamentele gli narrai a quella buona donna di mia madre, dicendole che il parrucchiere non volevo assolutamente farlo. Mia madre, poverina, rispondeva che avrebbe fatto del suo meglio per indurre mio padre ad accettare le mie proposte (...) "È tempo di finirla. Gridava, d’ov’e`, venga qui che strozzo il collo; Non udii altro, poichè mi raccomandai alle mie gambe e con la sveltezza di uno scoiattolo, scesi, a balzi, le scale, guadagnai la porta e mi diedi latitante".

Si arruola nell’esercito, 2° Reggimento Piemonte Cavalleria, dove subisce diverse punizioni: "...il tutto contribuiva a rendermi irrequieto, finchè decisi di abbandonare l’Italia per tentare, altrove ciò che la Patria mi negava".

Ardenti speranze e cocenti delusioni, sono una costante nella sua vita, ma ogni volta che il mondo sembra volerlo fermare, Giovanni affronta le nuove sfide con energia, passione e coraggio. In Italia, Argentina, Francia, Brasile, rincorre ovunque il sogno di una vita stabile e soddisfacente: "Buenos Aires offriva, nella mia prima impressione, un aspetto lusinghiero in merito al lavoro, ossia non difficile a trovarlo (...) L’offerta, a mezzo inserzione di un giornale, di un posto d’impiegato, al quale articolo risposi, per lettera, valendomi dell’aiuto di un condiscendente dizionario (...). Fui accettato solo perchè avevo bella calligrafia. Trascorsa la prima ed interminabile giornata, mi licenziarono per assoluta incapacità di svolgere i lavori affidatemi, in lingua spagnola". Con l’aiuto di uno zio, ottiene un lavoro da un ingegnere italiano alle dipendenze di una grande società inglese.

È il 1907 quando Giovanni torna in Italia, va in Francia poi di nuovo in Sud America, si sposa, ha due figli. Risponde alla chiamata della Patria nella Prima guerra mondiale, ma neppure questo riesce a placare l’innata insofferenza. Al ritorno, ritrova la stessa paura di perdere il lavoro; seppur adesso, dopo tante avventure, desidererebbe soltanto trascorrere le serate con la famiglia, in una quiete finalmente conquistata.