La nostra "Pazza gioia", per Virzì un trionfo viareggino

Per Virzì un trionfo viareggino

Paolo Virzì a Viareggio (foto Umicini)

Paolo Virzì a Viareggio (foto Umicini)

Viareggio, 29 marzo 2017 - Quel muretto sbeccato dirimpetto sul mare. Un po’ maltrattato, ingrigito dal tempo, decadente eppure affacciato sull’orizzonte, sul tramonto. Un luogo vero, crudo, consolatorio. Dove neppure ti accorgi di esserti seduto, sarà successo millemila volte. E’ sicuramente quello lo spazio dove la «Pazza Gioia» si annoda intorno a Viareggio: come l’abbraccio delle due protagoniste, la scombinata Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi) e la tormentata Donatella (Micaela Ramazzotti) che su quel muretto di piazza Mazzini scoprono la loro amicizia sincera. E’ da qui che uscendo dal cinema siamo passati un po’ tutti, per ritrovare un po’ di poesia.

Quella che Viareggio custodisce, e restituisce a chi la sa guardare con incanto. E’ qui che ci siamo seduti, orgogliosi dell’inquadratura scelta dal regista Paolo Virzì premiato con il David di Donatello per il miglior film.

"Lo sapevamo, lo sentivamo – dice oggi l’ex assessore alla cultura Rossella Martina – quando presentammo in anteprima il film all’Eden abbiamo avuto tutti la sensazione che fosse destinato ad entrare nella storia del cinema italiano".

Martina lo disse a Virzì: "E lui, scaramanticamente, citò altri titoli di bellissimi film". Come a voler allontanare quell’idea. "Questa esperienza – continua Martina – ci lascia addosso la sensazione che niente è perduto, che Viareggio è un luogo dell’anima. Che è bellissima. Il fatto che sia stata scelta come scenografia di un film eccezionale, da un grande regista, deve rincuorarci".

Quando Virzì immaginò la fuga delle sue protagoniste verso la libertà pensò al mare, "e il mare che gli venne in mente fu quello di Viareggio" racconta ancora Martina, che con lui parlò a lungo sotto le tende del bagno Tirreno durante le riprese delle scene finali. Momento in cui strappò la promessa di una prima, mantenuta. Scelse Viareggio trascinato dal mito balneare degli anni ’60, la scelse immaginandola come miraggio ispirandosi alla fuga come l’evasione raccontata da Dino Risi ne ‘Il sorpasso’. La scelse perché qui è nato Mario Tobino, psichiatra narratore che ha saputo raccontare l’eco infinito e incompreso della pazzia; e perché qui ‘Semel in anno licet insanire’.

Perché a Viareggio è lecito impazzire, un mese all’anno. Nel crudo dell’inverno Virzì arrivò con la sua troupe per riprendere il Carnevale, concentrandosi sui vuoti e i pieni di ‘Riempici di gioia’, carro di Fabrizio Galli. "Paolo Virzì con il suo film ci ha concesso di guardare Viareggio con un altro occhio – aggiunge il costruttore Fabrizio Galli –, meno critico e più meravigliato. E’ così che dovremmo guardarla ogni giorno la nostra città".

E allora, citando proprio il dialogo scambiato su quel muretto: "Menomale che ci sei tu?". "Chi, io?". "Tu", Paolo Virzì.

Martina Del Chicca