Via Francigena: tra storia, anima e natura il grande boom dei camminatori

Turisti on the road, sempre più numerosi, di varie estrazioni sociali, lungo una rotta che diventa anche di scambio culturale e spirituale, spinti dalle motivazioni più intime e disparate TUTTI SULLA FRANCIGENA / NEL CUORE DELLA FRANCIGENA

Il cammino

Il cammino

Siena, 25 settembre 2014 - IN PRINCIPIO, fu un atto di fede. E il senso di quella rotta mistica può essere ritrovato fra i girasoli delle Briccole, in Val d’Orcia, «Terra di celeste stella» secondo la visione di Mario Luzi, dove San Francesco si unì in nozze con Madonna Povertà. Oppure pochi chilometri a valle, a Bagno Vignoni. Accanto alla grande vasca immortalata da Tarkovski in «Nostalghia», c’è la cappella dove Santa Caterina si raccoglieva in preghiera. Per uno scorcio meno contemplativo, sempre leggendario ma in chiave sportiva, in un breve raggio, a Castiglion d’Orcia, ecco il monumento a Tazio Nuvolari. Un altro busto, quello di Giorgio Gaber, incrocia i pellegrini molto più a Nord, lungo la salita da Camaiore a Montemagno, nella Lucchesia cara al grande «Signor G». IN TOSCANA, la regione che ospita il quaranta per cento del tratto italiano, 380 km e 15 tappe, si passa dalle Mura di Lucca, con la «Casa del Boia» centrale multimediale del cammino, alla Fucecchio di Montanelli. Dalle Cerbaie, dove imperversava il brigante Orcino, alla Radicofani di Ghino di Tacco, alias Bettino Craxi. Dalle rovine di Luni a Monteriggioni, «che di torri si corona», a Siena. Cartoline dalla Via Francigena. E molte altre potrebbero essere spedite. Ad esempio dal tratto lombardo, 120 km attraverso ventidue comuni, da Palestro a Corte Sant’Andrea, vecchio guado del Po. Oppure dal tragitto emiliano-romagnolo, da Piacenza al Parmense, con i suoi castelli che si dice pieni di fantasmi «da far invidia ai manieri inglesi e scozzesi», e su verso il Passo della Cisa, passando dal territorio di Fidenza, dove una statua regge un cartiglio: «L’apostolo Simone indica che questa è la Via per Roma». La lunga Via aperta, nel suo caso in senso opposto, nel X secolo da Sigerico, vescovo di Canterbury, attraverso Inghilterra, Francia, Italia, dal Passo del Gran San Bernardo fino a Roma e al Papa, 1.600 chilometri fra storia e natura, punteggiati di santi e pellegrini, misteri e incantesimi, case cantoniere e vecchie stazioncine, undici secoli dopo è più viva e frequentata che mai. Negli ultimi anni il numero dei passaggi è aumentato con regolarità, e nel 2014 si registra un boom di viandanti, con il 40 per cento in più di presenze. A piedi, in bicicletta o a cavallo. Insieme, da soli, come scelta, moda, fuga, riscoperta, vacanza anti stress, percorso spirituale, stile di vita. I dati arrivano dall’associazione europea della Via Francigena, nel ventennale del riconoscimento del tragitto come Itinerario culturale del consiglio europeo. Secondo il sito ufficiale, i numeri sono simili a quelli del Cammino di Santiago 15 anni fa. E allora si apprezza il motivo per cui il ministro Franceschini, che fra l’altro si è sposato lungo il percorso, a Sutri, dove Carlomagno incontrò il nipote Orlando partorito in una grotta, ha definito la Via Francigena «una straordinaria opportunità per il turismo italiano». Un’occasione, per tante, piccole economie locali, dagli alloggi all’artigianato, alla gastronomia, con la necessità di essere presenti in rete. ARRIVANO da molti paesi europei e in numero sempre maggiore anche sudamericani, i pellegrini moderni, per un’esperienza che non è fatta «per gli schizzinosi e gli isterici», secondo Enrico Brizzi che, sulla Via Francigena, ha scritto libri e reportage. Turisti on the road, sempre più numerosi, di varie estrazioni sociali, lungo una rotta che diventa anche di scambio culturale e spirituale, spinti dalle motivazioni più intime e disparate. «Chi arriva al termine del viaggio non è più la stessa persona del primo giorno», il mantra del pellegrino. Ci sono risposte da trovare ovunque. In riflessioni lontane, come quella di Galeano: «A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare». O più vicine, come nelle parole di Roberto Benigni: «Un nuovo cammino spaventa, ma dopo ogni passo che percorriamo, ci rendiamo conto di come era pericoloso rimanere fermi». Allegorie e metafore del viandante slow e hi-tech. Spiegazioni più scientifiche, come quella dello psicologo fiorentino Luca Paoletti, elaborata con il collega Massimo Giusti: «Lo sforzo produce endorfine e dà benessere, è il fisico che anticipa i desideri della mente, ed è così che si crea la nostalgia della fatica». Lo studioso francese Frederic Gros, professore universitario a Parigi, ha spiegato in un libro la filosofia del camminare, da intendere come un insieme di esperienze e di conoscenze che consente di guardarsi dentro e di ritrovare una dimensione del tempo, portando come esempio grandi camminatori come Socrate, Kant, Nietzsche, Gandhi. Andare a piedi, non importa neanche dove. E lungo la Via Francigena, come meta, può andare benissimo il prossimo campo di grano. ​Alessandro Fiesoli