Se lo Stato non funziona

L'editoriale del direttore della "Nazione"

PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

Firenze, 1 maggio 2016 - La cronaca di questi giorni ci mette davanti agli occhi una semplice ma drammatica realtà: lo Stato non funziona. Parrà un’ovvietà, direte voi e almeno in parte è così, ma siccome nella superficie delle cose si nasconde spesso la loro essenza, si tratta di una realtà che non è possibile trascurare. In particolare per noi, che con tutto il rispetto non abitiamo a Catanzaro o a Caserta e una certa idea del servizio pubblico siamo abituati ad averla e la pretendiamo, e non possiamo non restare sbigottiti da quanto accade dalle nostre parti, nei nostri ospedali o nelle nostre aule di giustizia.

Due giorni fa a Lucca hanno tolto il rene sbagliato a un paziente, che era entrato in sala operatoria con un rene buono e l’altro malato e che ne uscito senza il buono; ieri un medico della guardia medica dell’isola d’Elba è stato trovato alla guida dell’auto di servizio completamente ubriaco (tasso alcolemico 1,7: un’enormità) mentre girava per locali con la moglie.

Sempre ieri a Milano è morta una donna di 36 anni incinta di due gemelli dopo la visita in tre ospedali diversi; la settimana scorsa era stata rilasciata dal giudice del riesame di Livorno l’infermiera accusata di 13 morti in corsia, ingiustamente incarcerata e trasformata in mostro senza processo da alcuni pm troppo frettolosi (l’indagine comunque va avanti); sempre a Livorno, per la stessa vicenda, la commissione di inchiesta disposta dalla Regione ha decretato che numerose delle morti causate dall’eparina all’ospedale di Piombino avrebbero potuto essere evitate con una maggiore e migliore opera di controllo da parte della struttura pubblica; all’inizio della settimana, nel pisano, una bambina di tre anni è stata ammazzata di botte dal patrigno dopo che per mesi e mesi erano state fatte denunce sulla pericolosità dell’uomo, e nessuno, né alla procura, né al tribunale dei minori né ai servizi sociali del comune era intervenuto.    L’elenco è lungo, si riferisce solo a quanto accaduto di recente e potrebbe sembrare anche noioso visto lo sfondo che li accumuna tutti: ci troviamo di fronte a un allarmante deficit di efficienza pubblica. Che siano ospedali, aule di tribunale, servizi sociali dei comuni, in troppa gente non fa bene il lavoro per cui è pagata. Semplicemente: lo Stato non funziona. Se fosse un’auto si fermerebbe alla prima curva, se fosse una squadra di calcio retrocederebbe in serie B.

Qualunquismo a buon mercato? Il solito stantio refrain della serie l’è tutto sbagliato è tutto da rifare? Vedremo. Certo i casi sono diversi tra loro, certo ci sono eccellenze anche dalle nostre parti, certo le ricette non sono facili da individuare, certamente però non è possibile accettare tutto questo senza indignarsi. L’indignazione è il primo passo per evitare la rassegnazione. Anche perché il più delle volte - ed è questa la cosa che fa arrabbiare - chi «sgarra» la passa sempre liscia. Qualche dichiarazione indignata c’è stata, qualche provvedimento di «sospensione» pure, ma accettiamo scommesse sul fatto che passata la bufera tutto resterà come prima. Tutti resteranno al loro posto. A cominciare dalle auorità politiche preposte ai controlli, ai funzionari, ai medici colpevoli, ai responsabili dei servizi sociali. I giudici poi sono fuori categoria, loro sono improcessabili per definizione.