Sant'Agata, gioiello proibito: il Comune ha perso le chiavi

Impossibile ora accedere all'antica cappella

Sant'Agata

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Pisa, 3 maggio 2015 - Smarrita, perduta. Caccia al tesoro, anzi alla chiave, quella della cappella di Sant’Agata, il gioiello ottagonale del XII secolo abbandonato dietro la Chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno, non si trova. La cappellina, a metà strada fra le chiese di Sant’Antonio alla Qualquonia e San Paolo a Ripa d’Arno, due monumenti simbolo della (cattiva) gestione dei beni culturali pisani, è invalicabile. La proprietà è del Comune di Pisa che su essa, come conferma l’assessore al Patrimonio Andrea Serfogli, ha un progetto di recupero e di valorizzazione che attende tempi migliori. «La chiesa della Spina e San Zeno – spiegava ieri l’assessore Serfogli a La Nazione – sono le nostre priorità». Il fatto che la cappella di Sant’Agata non sia pericolante, e quindi non si rendano necessari interventi urgenti, fa dormire sonni tranquilli al Comune che ne ha addirittura perso la chiave.

La notizia trova conferma nel racconto dello storico dell’arte Lorenzo Carletti che assieme al collega Cristiano Giometti, aveva segnalato il caso in un capitolo del libro-denuncia «De-tutela». Un capitolo che, non a caso, è intitolato «Tutela a pezzi». «La cappella medievale di Sant’Agata, di proprietà comunale – si legge nel libro – non può essere aperta senza infrazioni dagli stessi funzionari di Soprintendenza, poiché da tempo le chiavi sono andate perdute». Una situazione paradossale che dà la misura della gestione e della considerazione dei beni culturali a Pisa, come più volte messo in evidenza dalle inchieste de La Nazione. I due storici dell’arte hanno scoperto che le chiavi della cappella erano andate smarrite quando, promossa una mostra fotografica e ottenuto anche un finanziamento dal Comune di Pisa, avevano ottenuto il placet per esporre in Sant’Agata.

«Nel giorno fissato per il sopralluogo, tuttavia, non si trova la chiave che non possiede neppure la Soprintendenza, perché l’edificio è di proprietà del Comune», racconta Carletti ricordando le telefonate fra l’assessorato alla Cultura e Palazzo Reale a caccia della chiave. Difficile accedere al monumento, dunque, anche per gli specialisti che non possono monitorare lo stato degli affreschi lasciati alla mercé di piccioni e agenti atmosferici perché mancano i vetri alle finestre. La storia della Cappella di Sant’Agata, ricorda il curioso episodio di un anno fa, quando furono ritrovati nel catalogo di un’asta internazionale dieci preziosi quadri del Museo di San Matteo dimenticati per dieci anni nella bottega di un restauratore di Lucca. E per la chiave di Sant’Agata? «Pregava? Sì pregava sant’Antonio – scriveva Eugenio Montale –, perché fa ritrovare gli oggetti smarriti».

Eleonora Mancini