Samantha, lo strazio in aula. La mamma davanti al gup / FOTO

È accusata di non essersi opposta alle violenze

Il cancello che porta alla baracca quando era sotto sequestro

Il cancello che porta alla baracca quando era sotto sequestro

Pisa, 22 aprile 2017 -  NEL GIORNO del primo anniversario della vigilia della morte di Samantha Castagnino, quando il corpo della piccola si stava già spegnendo nel tugurio della baracca di Calambrone, lasciata senza cure e stremata dalle botte, Juana Francisca De Olmo, la mamma della bambina, comparirà davanti al gup Elsa Iadaresta. La donna, dominicana, 34 anni, che aveva lasciato il marito e un figlio in Liguria per una fuga d’amore con un uomo che oggi è accusato di aver ucciso la sua bambina, ha scelto il rito abbreviato – prima udienza (forse l’unica) mercoledì prossimo – per difendersi dall’accusa di non essersi opposta alla violenza del compagno. Aveva l’obbligo, anche giuridico oltre che di madre, di difendere la figlia da Tonino Krstic, il serbo 32enne arrestato la notte tra il 27 e il 28 aprile 2016, a cui il pubblico ministero Giancarlo Dominijanni, che con determinazione ha condotto indagini e portato a giudizio i due, ha cambiato ancora il capo d’imputazione aggiungendo all’omicidio volontario la contestazione di due aggravanti, compresa quella delle sevizie. Perché di quello si sarebbe trattato sul corpo di uno scricciolo di tre anni e, per l’accusa, Tonino merita di essere giudicato per «averla colpita con schiaffi, con una cinghia bagnata, con uno stendino, e quando il corpicino non reggeva più a tali pressioni, per averla colpita con una scarpa procurandole tumefazioni sul cinquanta per cento del corpo». Uno strazio che al solo sentirne il racconto graffia il cuore.

AGGRAVANTI che, nel dibattimento davanti la Corte d’assise, potrebbero valere al serbo la condanna all’ergastolo. Ieri era il giorno in cui la Corte presieduta da Pietro Murano avrebbe sentito l’imputato e Krstic – aveva fatto sapere il suo legale, il penalista Francesco Mori – sarebbe stato pronto a rispondere a tutte le domande per difendersi e fornire un altro copione delle violenze e della mancate cure – a partire dal depistaggio dei soccorsi il pomeriggio del decesso – che hanno portato alla morte della bambina. Con il cambio d’imputazione – resta in piedi anche l’originaria contestazione di maltrattamenti – il legale del serbo ha chiesto i termini a difesa. Si torna in aula il 19 maggio.

Carlo Baroni