"Terme, no alla cessione dei rami strategici"

La Corte dei Conti bacchetta la Regione

Una seduta della Corte dei Conti della Toscana

Una seduta della Corte dei Conti della Toscana

Montecatini 27 luglio 2017 -  “La cessione di singoli beni non strategici delle Terme di Montecatini è auspicabile per far fronte alla grave crisi finanziaria della società, ma quella di asset strategici o specifici rami d’azienda pone in serio pericolo la continuità aziendale. Tale iniziativa, inoltre, non appare coerente con quella, portata avanti in contemporanea della Regione, per la cessione della partecipazione”. La sezione di controllo della Corte dei conti della Toscana evidenzia varie criticità sulla situazione della principale azienda di Montecatini nella relazione sul rendiconto generale dell’amministrazione regionale per l’esercizio finanziario 2016. E dalla magistratura parte un severo monito: vendere in contemporanea le quote della società e i beni strategici può rivelarsi rischioso. L’analisi parte dalla bozza di piano industriale presentato al pool di istituti di credito guidato da Bnl, alla fine del 2015.

“Il documento – ricorda la Corte dei Conti – non è stato condiviso dalle banche finanziatrici che hanno posto come condizione per un loro ulteriore intervento il rilascio di una garanzia da parte del socio Regione. Le forti perdite subite nel 2015, per oltre tre milioni di euro, e la mancanza di finanza hanno ritardato l’adozione di un nuovo piano industriale. Alla fine del 2016, la delibera del Cipe che assegna cinque milioni di euro al Comune da destinare all’acquisto della Palazzina Regia, ha posto la condizione minima per elaborarlo”.

Il documento “stabiliva azioni di consolidamento dei ricavi e di contenimento dei costi tali da assicurare fin dal 2016 un equilibrio economico. Per fronteggiare la grave crisi economica prevedeva come obiettivo del 2016 la cessione della Palazzina Regia al Comune, mentre per gli anni successivi veniva prospettata la cessione di immobili non strategici che avrebbe determinato un flusso di liquidità di circa 9 milioni di euro da destinare al rimborso dei debiti bancari in scadenza e in parte già scaduti. Il piano lasciava tuttavia irrisolto il problema della ristrutturazione del debito, giacché il triennio di riferimento veniva visto come un periodo di recupero di un rapporto fisiologico con le banche”.

Dubbi sul piano industriale sono stati sollevati anche dalla Regione che ha evidenziato “la circostanza per cui la sua capacità di traghettare l’azienda in area positiva è determinata esclusivamente da cospicue plusvalenze straordinarie. La stabilizzazione del fatturato, inoltre, è legata ai ricavi che deriveranno dalle attività di riabilitazione del Servizio sanitario nazionale, condizionata all’ipotesi di accettazione da parte di Firenze. Un altro elemento che potrebbe presentare criticità è il piano delle alienazioni immobiliari che, seppur impostato su valori di cessione prudenziali, potrebbe realizzarsi solo parzialmente, data l’attuale congiuntura”.