Cacciatore sparò nell'oliveto, dodici anni per tentato omicidio

Da quel 7 novembre, Barsi è rimastro tetraplegico. Delusi i familiari: "Speriamo almeno che resti sempre in carcere"

Zappelli in tribunale

Zappelli in tribunale

Lucca, 21 dicembre 2016 - Dodici anni e due mesi di reclusione per tentato omicidio. Questa la sentenza emessa ieri pomeriggio in rito abbreviato dal gup Silvia Mugnaini nei confronti di Marco Zappelli, il caccciatore 58enne di Ghivizzano che nel novembre 2015 ridusse in fin di vita Gianfranco Barsi, operaio di 49 anni di Vitiana di Coreglia, con una fucilata, sparando poi anche al figlio Riccardo. Una sentenza piuttosto «mite» che arriva dopo che il giudice ha ritenuto di derubricare da tentato omicidio a minaccia aggravata i due colpi esplosi contro il ragazzo in fuga. Il gup ha anche stabilito come risarcimento una provvisionale di 500mila euro a Gianfranco Barsi e di 20mila euro al figlio. Amarezza e delusione tra i familiari della vittima, tutelati dall’avvocato Alessandro Garibotti, che speravano in una pena più alta.

«Siamo un po’ delusi – commenta la moglie Nadia – perché ci aspettavano una condanna più severa. Se restasse in carcere 12 anni davvero sarebbe una pena adeguata. Ma sappiamo che non sarà così. Non ho un risentimento rabbioso verso questa persona, però la pena più grande sarebbe fargli assistere mio marito Gianfranco tutti i giorni, visto che è rimasto tetraplegico e ha bisogno di assistenza per qualsiasi cosa...». «Quanto al risarcimento – aggiunge l’avvocato Garibotti – avvieremo la richiesta al fondo nazionale per le vittime di violenza». Il drammatico episodio avvenne sabato 7 novembre 2015 a Vitiana: Zappelli, che andava a caccia, sparò all’operaio che stava lavorando col figlio nel proprio oliveto, dopo un banale diverbio dovuto proprio all’attraversamento della proprietà agricola da parte del cacciatore.

Tre i colpi esplosi. Uno quasi fatale al collo, sparato da un metro circa e ad altezza d’uomo. Gianfranco Barsi, dipendente della cartiera Tronchetti di Piano di Coreglia, stramazzò a terra esanime. È sopravvissuto alla micidiale fucilata, ma è tetraplegico, costretto a complesse e onerose terapie riabilitative nel centro specializzato di Montecatone, nei pressi di Imola. Gli altri due colpi il cacciatore li esplose mentre il figlio Riccardo fuggiva, senza però ferirlo. «Siamo in parte soddisfatti – commentano gli avvocati difensori Paolo Mei e Vincenzo Locane – e aspetteremo le motivazioni della sentenza. Per ora resta in carcere in attesa del nostro ricorso pendente in Cassazione. Zappelli ha detto di essere disperato e si è scusato in aula con i familiari, ribadendo che non voleva uccidere nessuno».

Intanto fuori dal tribunale hanno manifestato per tutta la mattinata alcuni ambientalisti giunti anche da Pisa, Livorno, Firenze e Grosseto che hanno espresso solidarietà a Gianfranco Barsi con cartelli e striscioni contro i cacciatori: «Lo Stato deve garantirci protezione e sicurezza, sia nel passeggiare nei boschi e in campagna, ma ancora di più, nelle nostre proprietà. Porteremo avanti azioni legali e di protesta, fino a quando non ci garantiranno un nostro diritto fondamentale: la sicurezza pubblica, in questo caso assolutamente inesistente».