Libia, meglio la diplomazia

Lettere a La Nazione, risponde il direttore

PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

Firenze, 26 maggio 2016 - Caro direttore, il governo italiano aveva pensato di inviare soldati in Libia per collaborare fattivamente alla lotta all’Isis, alle milizie libiche e controllare il fenomeno migratorio. Poi vista la situazione è stato deciso di soprassedere per non gettare allo sbaraglio i nostri soldati e non, come pare ad alcuni, evitare i rischi della guerra.

Carlo Pantani, Firenze

Caro Pantani, noi italiani non siamo mai stati dei cuor di leone, e quindi non mi stupisce che in qualche modo ci tiriamo indietro nel momento più delicato. Detto questo, penso che la strategia italiana di non voler invadere la Libia con i nostri soldati, o comunque non portare lo scontro armato da quelle parti, sia quella giusta. Peraltro condivisa da tutti gli altri alleati, che a parole fanno la voce grossa ma poi quando si tratta di "mettere i piedi sulla terra", come si dice in gergo, e rischiare l’invio di militari, se la danno a gambe. Mandano droni, possono al limite supportare con bombardamenti dal cielo o l’invio di addestratori ma niente uomini. Penso che il nostro ruolo, come è sempre accaduto, sia più quello di giocare la partita sul piano diplomatico, e di sfruttare le nostre conoscenze sul posto e i nostri contatti economici e riservati.