Se mi "daspi" non vale. Ecco perché

Il commento

Luca Boldrini

Luca Boldrini

Pisa, 17 gennaio 2017 - Il Daspo non vale, almeno in certi casi. Il provvedimento di divieto di accesso agli stadi in occasione di competizioni agonistiche deve essere legato allo sport e non può essere inflitto - pena l’annullamento - per comportamenti sì violenti, ma tenuti in altri contesti. A sancirlo è il Tar della Toscana, che ha accolto due distinti ricorsi presentati a Pisa da tre cittadini (due donne e un uomo) che avevano subìto il Daspo dalla Questura pisana dopo due diversi accadimenti piuttosto agitati, diversi per quanto consecutivi. I tre «daspati» erano stati individuati come autori di comportamenti violenti da parte delle forze dell’ordine a novembre del 2015, in occasione di una manifestazione per l’emergenza abitativa e poi il giorno dopo per le contestazioni a una manifestazione della Lega Nord con Matteo Salvini.

In pratica erano stati puniti con l’esclusione dagli stadi per aver tenuto comportamenti violenti in occasioni di manifestazioni socio-politiche. Una proprietà transitiva che i giudici del tribunale amministrativo hanno respinto, annullando i Daspo in questione. Senza entrare nel merito tecnico delle sentenze, il nocciolo della questione è questo: va bene bandire i violenti dagli stadi, ma se sono stati violenti allo stadio. Altrimenti non vale. Una questione interessante, perché questo utilizzo allargato del Daspo - un po’ creativo, questo sì - avrebbe comportato un allargamento enorme della platea di soggetti da tenere fuori dagli impianti sportivi. Magari studenti agitati in un corteo, immigrati che protestano per la casa e via dicendo. E non basta nemmeno sostenere che i soggetti in questione siano frequentatori dello stadio, anzi: se vanno alle partite abitualmente e non sono mai stati «daspati», evidentemente la loro presenza in tribuna non è un problema.