In vacanza meglio un libro dei compiti

La Nazione risponde ai lettori

Laura Pacciani

Laura Pacciani

Firenze, 24 luglio 2017 - Cara Nazione, come ogni estate si è riaperto in famiglia il dibattito sui compiti in vacanza. Ho visto che ne avete parlato anche sul vostro giornale. Ho due figli che, come tutti i ragazzi, non vorrebbero sentirne parlare. E’ giusto insistere?  Luisa M. Firenze

Gentile Luisa, siamo sinceri: nessuno di noi accetterebbe di continuare a lavorare durante le proprie ferie. Perché dovrebbe piacere ai nostri ragazzi? Una montagna di espressioni algebriche, versioni di latino o esercizi di grammatica inglese che nessun insegnante al rientro tra i banchi degnerà di uno sguardo, svilendo il lavoro e l’impegno degli studenti. Ma non credo neanche che sia educativo lasciare i nostri figli tre mesi nell’ozio. Il cervello ha bisogno di allenamento. E tre mesi di whatsapp e play station non colmano certo il vuoto.  La ricetta è banale ma il risultato è garantito: qualche libro da portarsi in vacanza. Magari testi concordati con gli insegnanti e di cui fare un resoconto scritto. Storie avventurose, di quelle che fanno sognare a occhi aperti. Anche per far capire ai nostri ragazzi che i supereroi di oggi, prigionieri di video colorati e luminosi, non sono così diversi da quelli delle pagine dei pirati o dei moschettieri raccontate nei grandi romanzi del passato.