Arezzo, 14 febbraio 2016 - «La banca risulta esposta a un elevato rischio reputazionale e di liquidità, difficilmente arginabile con misure ordinarie, tenuto conto della percezione della situazione da parte dei soggetti interessati, anche in seguito a una possibile diffusione sul mercato delle informazioni sulla dotazione patrimoniale». E' il succo del durissimo j’accuse con cui il 9 febbraio il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco chiede e ottiene dal ministro dell’economia Pier Carlo Padoan il commissariamento della vecchia Etruria: quattro paginette e mezzo al vetriolo, fra gli allegati all’istanza per l’insolvenza depositata dal liquidatore Giuseppe Santoni.
E’ anche sulla base di quanto scrive Visco che Bpel è stata dichiarata fallita. Nell’intervista rilasciata ieri a La Nazione Lorenzo Rosi dice di aver lavorato otto mesi a stretto contatto con Banca d’Italia. Una colossale incomprensione o la partita si è svolta su due piani?
Agli atti restano le parole del governatore, a cominciare da quelle sopra riportate, il cui contenuto è chiaro: l’Etruria rischiava la fuga dei risparmi, anche a seguito della diffusione delle notizie riguardanti la situazione patrimoniale e finanziaria. Per Visco la responsabilità di questa drammatica situazione è dei vertici di Bpel, «che non si sono mostrati consapevoli della gravità della situazione e non sono stati in grado di adottare le misure correttive più volte richieste». Anche perchè le «iniziative di efficientamento aziendale..procedono con lentezza e il loro completamento è previsto solo per la fine dell’anno in corso».
Già dal 5 dicembre 2013, invece, Banca d’Italia aveva chiesto di individuare un partner per l’aggregazione ma «il richiesto ricambio non ha assicurato la discontinuità auspicata atteso che nelle posizione di vertice (presidente e due vicepresidenti) sono stati nominati esponenti già membri del precedente consiglio (Rosi, Alfredo Berni e papà Boschi Ndr)». Via Nazionale, insomma, avrebbe voluto un rinnovamento totale, così come la fusione con Vicenza (mai nominata), che però «veniva rifiutata dal cda in quanto ritenuta non adeguata a tutelare il legame con il territorio».
Da qui «un quadro di stasi operativa e di incapacità dei vertici di porre in atto le necessarie iniziative». Scottante il capitolo conflitto di interessi: «E’ stata riscontrata la mancata osservanza da parte dei due citati nominativi (Rosi e Luciano Nataloni Ndr) delle prescrizioni di cui all’articolo 2391 (il conflitto di interesse Ndr), in particolare all’affidamento ‘Città Sant’Angelo Sviluppo Spa’..; il citato Nataloni...ha formulato con riferimento alla citata ultima società (Td Group di Pisa Ndr) «proposte pregiudizievoli per gli interessi del pool di banche finanziatrici, fra cui l’Etruria».