Mega-truffa dell'argento: processo lampo, in aula a due mesi e mezzo dal blitz della Finanza

In quattro martedì sfileranno dal Gip. Tre di loro hanno confessato. ll meccanismo smascherato dal Pm Dioni, la linea degli avvocati

Un'immagine dei sequestri fatti dalla Finanza

Un'immagine dei sequestri fatti dalla Finanza

Arezzo, 24 maggio 2015 - Dopo due mesi e mezzo già a processo: martedì, nell’aula del Gip. Quasi un record. Che forse non farà esultare i due fratelli Romani, Enrico e Francesco, il loro socio Rocco Maurizio Tana, più Luigi Marco Ceccanti, gli imprenditori protagonisti della mega-truffa sull’argento sgominata dalla Finanza in un clamoroso blitz.

Per il Pm Marco Dioni, le prove della colpevolezza sono evidenti, tra l'altro i primi tre hanno confessato subito dopo essere finiti in manette, mentre qualche ammissione l’ha fatta pure Ceccanti, che pure resta sulla negativa. Da qui lo stralcio delle loro posizioni e la richiesta del rito immediato, cui la difesa (gli avvocati Francesco Molino e Nicola Detti) ha replicato con la proposta di un patteggiamento o, in alternativa, di un giudizio allo stato degli atti.

L’argento e altri metalli preziosi venivano acquistati sotto forma di grani, quindi come materia prima non sottoposta all’Iva. Successivamente, in uno dei passaggi che servivano solo a evitare di pagare l’Iva, avveniva la trasformazione in verghe e scarti di lavorazione, quella sì soggetta all’imposta Alla fine il tutto veniva riacquistato dal banco metalli, con tanto di imposta che però in nessuno dei passaggi precedenti era stata versata. Risultato: un guadagno netto del 22%, totale un milione e mezzo di euro.