La "finta" di Zonin? Accordo fatto sull'opa ma Vicenza si sfila

Il passaggio decisivo raccontato da fonti della Bpel di allora. La drammatica riunione del 16 giugno: il giorno dopo lo stop. L'INTERVENTO DI MATTARELLA, L'APPELLO AL PAPA

Pop.Vicenza: Zonin, non presiederò spa

Pop.Vicenza: Zonin, non presiederò spa

Arezzo, 23 dicembre 2015 - 16 giugno 2014. E’ il giorno in cui l’acquisto di Banca Etruria da parte della Popolare di Vicenza sembrava cosa fatta, almeno agli occhi di Bankitalia. E il 17 giugno è quello in cui l’affare sfuma. Con Vicenza pronta a sfilarsi quasi di corsa. O almeno questa è l'impressione dele nostre fonti di area Bpel. 

Da Vicenza era arrivata la proposta di acquisto, firmata dal presidente veneto Gianni Zonin, attraverso un’Opa totalitaria al 90%. Il 16 giugno, di buon mattino, la carovana aretina parte alla volta di via Nazionale: presidente Lorenzo Rosi, vicepresidente vicario Alfredo Berni, vicepresidente Pierluigi Boschi, l’avvocato Andrea Zoppini, già sottosegretario alla giustizia del governo Monti.

Anche da Vicenza la delegazione è al massimo livello. Per Bankitalia presenti Carmelo Barbagallo, direttore generale della Vigilanza, e Ciro Vacca. Gli aretini hanno in tasca un faticoso accordo «raggiunto direttamente con Sorato». Ma la riunione non andrà in quella direzione. Il 28 maggio, un mercoledì, la Popolare vicentina aveva presentato l’offerta vincolante di acquisto con Opa totalitaria al 90%,  pagamento ai soci di un euro ad azione (cash o in concambio con azioni di BpVi ), il delisting del titolo Bpel da Piazza Affari, la trasformazione della banca da cooperativa in Spa.

Freddi i vertici Etruria, il presidente Rosi si dice disposto a trattare ma non a quelle condizioni. Ma nei giorni successivi la prospettiva sembra capovolgersi e la trasferta a Bankitalia si apre in uno scenario che farebbe presagire la fusione. Contatti febbrili avrebbero portato a un accordo: «L’intesa si fondava su cessione delle filiali del nord a Vicenza, sinergie commerciali con la vendita di prodotti finanziari in comune, sinergia sull’oro, primo alleggerimento del personale. Ma eravamo convinti che Zonin non volesse l’accordo».

Il 17. la delegazione aretina pone una sola eccezione: «Poiché quello di Bpel è un azionariato diffuso, non è possibile garantire l’adesione al 90% come previsto nell’offerta vincolante di acquistoi». Il corollario: se l’adesione arriva all’80 o all’85% Vicenza si accontenti. Lo stop, sempre secondo la versione di parte Bpel, arriva da Zonin: Opa è e Opa deve restare. Insomma, o il 90% o nulla. Barbagallo e Vacca prendono atto, chiedono che si arrivi a una soluzione e la riunione si scioglie. Il giorno dopo, 17 giugno da Vicenza arriva il non possumus: senza le condizioni iniziali nessuna integrazione.