I soldi persi di Banca Etruria: ecco la lista nera bis, da Sacci a Caltagirone

Settanta milioni in fumo con la società dei cementifici, sessanta con l'Acqua Marcia del costruttore romano. Altri particolari sullo Yacht di Civitavecchia. C'è di mezzo anche la cassaforte dei Landi

Banca Etruria

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ECCOLO UN ALTRO pezzo della lista nera di Banca Etruria, l’elenco dei crediti deteriorati che erano arrivati a due miliardi e 700 milioni nel momento in cui a via Calamandrei arrivarono i commissari di Bankitalia, l’11 febbraio. Poi, con la cessione di 300 milioni (pagati un centinaio) al Credito Fondiario, ultima operazione portata a termine dagli emissari di via Nazionale prima del decreto del 22 novembre, la situazione si è un po’ alleggerita, ma nella Bad Bank nazionale transitano comunque poco meno di un paio di miliardi di sofferenze.

I soldiLa più grossa è di una settantina di milioni ed è imputabile al gruppo Sacci, storica azienda cementiera (Società anonima cemento dell’Italia centrale) che un tempo da queste parti possedeva lo stabilimento di Corsalone, comune di Chiusi della Verna ma alle porte di Bibbiena, dismesso ormai da anni. Sulla Sacci c’è adesso un’offerta d’acquisto da parte della Unicem, la scadenza è ai primi del 2016, a patto dell’inserimento nella richiesta di concordato al tribunale di Roma. Intanto, Bpel dei suoi soldi non ha rivisto un centesimo. A fine 2014 figuravano ancora allo stato di incaglio, ma è presumibile che nel frattempo si siano trasformati in vera e propria sofferenza.

DI POCO INFERIORE è l’esposizione nei confronti di Banca Etruria del gruppo Acqua Marcia- Caltagirone, dove per Caltagirone si intende Francesco Bellavista Caltagirone, appartenente a uno dei rami della grande famiglia di costruttori romani. L’imprenditore, che di recente è stato al centro delle cronache giudiziarie e mondane per il triangolo con Chiara Rizzo Matacena (sua attuale compagna) e l’ex ministro imperiese Claudio Scaiola, è uno storico cliente di via Calamandrei, con la quale ha sofferenze per sessanta milioni all’incirca.

La fetta più grossa (17 e rotti) è quella di Acquamare, controllata da Acqua Marcia (vero nome Acqua Antica Pia Marcia, società celeberrima della finanza romana) che si era assunta i lavori di ristrutturazione del porto di Imperia, finanziati da un pool di banche nel quale l’Etruria era affiancata da big del credito come Bnl, Unicredit ed Mps. L’intera operazione è poi naufragata in un mare di inchieste giudiziarie e processi conclusi dall’assoluzione di Caltagirone. Inutile dire che Bpel e le consorelle più note sono rimaste a bocca asciutta. Fonti vicine ai vecchi amministratori spiegano che la banca era stata attirata nel pool dalla serietà e dal prestigio degli altri istituti creditizi coinvolti, ma il risultato non cambia: un altro mega-credito deteriorato, perdipiù fuori dal territorio di operatività di via Calamandrei. Il tutto comincia ai tempi della presidenza Faralli e comincia con i successori.

Stessa origine, l’ultimo periodo alla guida di Bpel dell’antico padre-padrone laico, per l’altro affare che da mesi è al centro delle cronache e di cui La Nazione è stata fra i primi giornali a svelare i retroscena, quello del mega-yacht di Civitavecchia. Si parte nel 2007 con l’idea di costruire la nave da diporto più grande del mondo, destinata a uno sceicco che poi non si è mai materializzato o, come si era favoleggiato all’epoca, alla coppia più glamour del cinema, Brad Pitt e Angelina Jolie. DIETRO LA Privilege Yard e la Privilege Fleet che tengono le fila del cantiere nel porto laziale ci sono nomi altisonanti come l’ex ministro Vincenzo Scotti (ma lui smentirà tutto), Gianni Rivera e persino l’ex segretario generale dell’Onu Perez de Cuellar (alla guida della controllante Ultrapolis di Singapore), ma il progetto ben presto si arena nonostante i finanziamenti di un consorzio di banche in cui accanto a Bpel ci sono ancora Unicredit, Mps e la consorella di disgrazie Banca Marche. I primi cento milioni non bastano, ne servono altri 90 e lì si ferma tutto. Banca Etruria, il cui ex management si difende dicendo che Civitavecchia è territorio di riferimento (ereditato dall’Alto Lazio) dell’istituto, ne erogherà altri 20 per evitare una nuova sofferenza. Non basta a salvarla da un ulteriore credito deteriorato fra i 20 e i 30 milioni.

Infine, e paiono quasi finanziamenti minori anche se i soldi sono sempre tanti, operazioni come il mutuo a 40 anni per l’Immobiliare Cardinal Grimaldi (11 milioni). O la sofferenza per i 16 mai restituiti da Finanziaria Italiana, cassaforte della famiglia Landi, quella di Eutelia. Spesso ci sono le ipoteche, ma ormai è tardi: al massimo ci guadagnerà la Bad Bank. Intanto la vecchia Bpel è andata a fondo.

Salvatore Mannino