Ex Bpel, i conti dei commissari: nella loro gestione raccolta e impieghi in forte calo

Meno due miliardi di soldi depositati dai clienti e meno 700 milioni di prestiti, fidi e mutui: in esclusiva i dati finora segreti del rendiconto intermedio del 30 settembre 2015

Le proteste davanti al tribunale

Le proteste davanti al tribunale

Arezzo, 9 febbraio 2016 - In nove mesi, tra l’11 febbraio del commissariamento e il 22 novembre del decreto, la vecchia Bpel ha perso due miliardi di raccolta totale e circa 700 milioni di impieghi, cioè le due attività fondamentali, i soldi depositati dai clienti e quelli andati in prestiti, fidi, mutui e quant’altro. E' chiaro che una banca, quando finisce in amministrazione straordinaria, vada incontro a una crisi di fiducia. Ma anche questi numeri raccontano la parabola che ha portato al crac.

Le cifre sono quelle di cui dispone anche il collegio fallimentare del tribunale per decidere sull’insolvenza, riassunte in due degli allegati alla relazione del liquidatore Giuseppe Santoni: la relazione sullo stato finanziario e patrimoniale al 31 dicembre 2014 e il rendiconto intermedio di gestione al 30 settembre 2015. Entrambe redatte dai commissari Antonio Pironti e Riccardo Sora e di entrambe La Nazione è venuta in possesso.

E la situazione al 30 settembre contiene cifre mai conosciute finora. Non a caso è contrassegnata dalla dicitura «Documento riservato a uso esclusivamente interno».Gli impieghi, che erano ancora vicini agli 8 miliardi nel 2012 e nel 2013, scendono nel 2014 a poco più di 5 miliardi, per precipitare nel 2015 a 4 miliardi e 400, 700 in meno. A loro volta, gli impieghi in bonis (quelli per i quali non si ipotizzano difficoltà nel rientro) calano di 800 milioni, da 3 miliardi e 849 a 3 e 43. Salgono invece i crediti deteriorati, da un miliardo e 296 a uno e 399. Ma il totale delle sofferenze si impenna, sempre al 30 settembre, a 2,2 miliardi, quasi 200 milioni in più.

Se queste sono, per così dire, le «uscite», altrettanto periclitanti sono i flussi in entrata. I commissari lo riassumono in uno specchietto: la raccolta a vista, cioè i conti correnti, cala del 21%, da 3 miliardi e 175 a 2 e 492 (682 milioni in meno), le obbligazioni, comprese le subordinate, da 548 a 438 milioni (110 sotto), le passività finanziarie al fair value da 859 milioni a 581 (discesa del 14%). Nel complesso, la raccolta diretta si abbassa da 6 miliardi e 423 milioni a 5 e 484, con una caduta del 14,6 per cento.

Cifra ancora più eclatante, se ad essa si sommano quelle che i commissari chiamano «altre passività finanziarie», gli investimenti finanziari che non passano dal mercato ufficiale di Piazza Affari. Lì il crollo è verticale: da un miliardo e 879 milioni a 823, una percentuale negativa del 56%. Un dato che fa precipitare il totale della raccolta diretta da 8 miliardi e 302 milioni a 6 e 308, cioè un miliardo e 994 di calo, discesa del 24 per cento. Sintesi? Nel periodo del commissariamento la banca ha continuato a precipitare. Il conto arriverà col decreto salvabanche e la liquidazione coatta.