Arezzo, 15 maggio 2016 _ C'era un fulmine giallo sulla mappa delle previsioni meteo. Un nuvolone nero e sotto l’indicazione dell’orario 12-17: praticamente il bello della tappa. Non ci hanno preso nemmeno questa volta e a Poti nonostante chi ci fosse, avesse messo nello zaino, ombrelli e giubbotti a tratti splendeva pure il sole. Non sapevano ancora che due giorni dopo la tappa il Comune, per ricordare la giornata e insieme un grande campione, avrebbe deciso di intitolare la salita a Marco Pantani: l'annuncio è arrivato dal sindaco Ghinelli. Ma torniamo a sabato.
«Da dove passi, a che ora vai, come ci vai?» domande su domande, dubbi, che hanno attraversato la mente di tutti coloro che la tappa aretina se la volevano godere proprio la nel punto più bello. Il via vai è iniziato di buon mattino i più temerari sono arrivati prima delle otto a montar gazebi, tendine, tavolini e seggiole. Quelle comode da regista con un bel buco nel bracciolo per piazzarci una birra.
E poi mano mano la grande carovana dei cicloamatori, tanti, tantissimi, perché per chi non se ne fosse accorto, il ciclismo in città tira tantissimo. Mountain bike, bici da strada che tutto l’anno sono su e giù per le strade della provincie e che ieri erano quasi tutte a Poti. Gruppi di amici di ogni età, ragazzini giovanissimi che però nelle gambe hanno energia da vendere, c’è persino un papà con un rimorchio attaccato alla bici. Dentro c’è suo figlio. Per lui l’applauso scrosciante di quelli della collinetta a centro metri dal traguardo.
E’ proprio lì che si concentra la maggior parte del pubblico, da quel punto si vede tutto il falsopiano che conduce praticamente diritto all’ultimo impegnativo strappo prima del gran premio della montagna. Ok, il ciclismo qui piace a tutti e se ne parla, si fanno i pronostici, ma in verità più che altro è una giornata di festa.
Si scartano panini uno dietro l’altro, si stappano bottiglie di rosso, si passeggia per salutare un amico poco distante. Ci sono quelli che il Giro lo seguono ogni volta che possono, vengono da tutta Italia e lo sapevano che qui avrebbero trovato un grande spettacolo, ma non così grande, perché questa strada bianca piace e ha fatto selezione. I telefoni prendono poco e allora ci si raccoglie per capannelli e capire a che punto è la tappa, quando la carovana passa da Anghiari già c’è fermento, già si studia la posizione migliore per vedere i campioni passare.
Prima dei campioni arrivano i chiodi: qualcuno li sparge sullo sterrato, Daniele Bennati e i vigili accorrono, vengono rimossi prima che sia troppo tardi. C’è un fuga, è credibile che arrivi, qualche telefonata con chi è davanti alla tv, poi la conferma: sta arrivando Brambilla, ma anche Nibali va alla grande. L’elicottero è sempre più vicino, sembra praticamente fermo sopra la montagna.
Ecco Brambilla è la prima delle emozioni, è un boato, l’attesa è finita. Passa davanti alla folla che sembra sia in pianura tanto va veloce e poi dietro di lui piano piano, si fa per dire, i più forti e ad ogni maglia l’emozione si fa più intensa. Passa Nibali, Valverde, vanno come le schegge è un’altra gara nella gara. Passa la maglia rosa e si capisce che la perderà, la maglia.
E quando sembra che sia finita ecco che arrivano anche i velocisti, al loro passo che per i comuni mortali è comunque un turbo. In pianura è praticamente finita lassù si smonta, ci si rimette in sella o in cammino. Eppure ancora qualcuno ancora passa. La macchina organizzativa è già in moto per smontare tutto e lasciare Poti. Già oggi non ci sarà più nulla sulla montagna degli aretini, dove una volta si sognava di arrivarci in funivia.
di Diego D'Ippolito