Un giallo lungo mezzo secolo. Quella vecchia Fiat 500 ritrovata sul viale dei Tigli. Ma madre e figlia scomparvero

Le due donne nell’aprile del 1974 uscirono di casa da Chiazzano in provincia di Pistoia. Portarono in Versilia le indagini degli investigatori: fu trovato sangue sui tappetini dell’auto.

Un giallo lungo mezzo secolo. Quella vecchia Fiat 500 ritrovata sul viale dei Tigli. Ma madre e figlia scomparvero

Un giallo lungo mezzo secolo. Quella vecchia Fiat 500 ritrovata sul viale dei Tigli. Ma madre e figlia scomparvero

Pochi se lo ricorderanno. Ammesso ma non concesso che lo abbiano saputo e si siano interessati al caso. Ma mezzo secolo fa, una definizione temporale più intrigante rispetto a “nell’aprile del 1974”, Viareggio si trovò con addosso i riflettori di mezza Italia perché punto di arrivo di un giallo, mai risolto. Protagoniste due donne, mamma e figlia, scomparse da Chiazzano, in provincia di Pistoia: erano uscite di casa dopo cena, la sera dell’8 aprile, un lunedì, per recarsi in auto da un guaritore, nel vicino paese di Pontenuovo: Isora (la mamma) non si sentiva bene da qualche giorno ed Emanuela (la figlia) aveva deciso di puntare sulla ‘medicina’ alternativa e riti esoterici, visto che con le medicine e le punture prescritte dal medico di famiglia, la situazione non era migliorata.

Medicina alternativa che – stando a quanto accertarono gli inquirenti – consisteva nel sotterrare un indumento di Isora (le due donne avevano preso una piccola vanga), accompagnato da un rituale che di logico e razionale aveva ben poco. Ma veniamo al dunque: Viareggio che c’entra? Due giorni la scomparsa, la Fiat 500 con la quale erano salite per andare dal guaritore (almeno così avevano detto ai familiari) venne trovata sul viale dei Tigli, nelle vicinanze dell’ingresso di un campeggio, oltre il confine di mezzavia, quindi Torre del Lago. Delle donne nessuna traccia plausibile. Solo un bel mistero, visto che sui tappetini c’erano tracce di sangue, che però – una volta repertato e analizzato – non apparteneva né alla madre né alla figlia, né venne mai accertato di chi fosse.

L’unica stranezza, che però poteva essere una manovra diversiva per ingarbugliare la scena, è che il sedile al posto di guida era stato tutto indietro, contrariamente alle abitudini di Emanuela che invece lo metteva molto avanti. Ovviamente il giallo cominciò ad appassionare non solo la Toscana: non c’erano ancora le trasmissioni tv pomeridiana che dedicano servizi su servizi alla cronaca nera proveniente da ogni landa del Paese. Ma la carta stampa si gettò con slancio sulla vicenda anche perché il filone dei guaritori e dei santoni suscitava (e suscita ancora) sempre una pruriginosa attenzione indipendentemente dall’essere credente o avere una visione laica della vita. “Non dovevano venire da me. Non avevano alcun appuntamento. Sì, le conoscevo, ma quella sera non le ho viste”: le parole del guaritore agli inquirenti ingigantirono i contorni del giallo: allora le donne avevano mentito anche ai loro familiari. Ma nessuno sapeva darsi una spiegazione di quella bugia. Perché? Ovviamente visto che la Fiat 500 era arrivata a Torre del Lago, le ricerche di carabinieri e polizia interessarono la frazione pucciniana e il testo della zona tirrenica. Ma Isora ed Emanuela non avevano parenti o amicizie importanti a Viareggio e in Versilia, tali da ipotizzare una copertura per questa fuga dall’ambiente familiare, con la scusa della seduta dal guaritore per mettere fine al tormento dei disturbi provocati ripetutamente da calcoli renali.

E’ facile immaginare, siamo nel 1974, che se ci fosse stato il supporto tecnologico di oggi, ad esempio telecamere ai caselli dell’autostrada, qualcosa in più di sarebbe potuto sapere di chi era realmente alla guida della Fiat 500, recuperata dai carabinieri su segnalazione del titolare di un camping che si era reso conto che c’era qualcosa di strano in quella vettura parcheggiata con poca attenzione sul viale dei Tigli.

E neppure il ‘porta a porta’ degli investigatori a Torre del Lago, soprattutto nei locali pubblici, con le foto delle due donne, produsse gli effetti sperati. Nessuno le aveva viste. Nessuno le conosceva. Ma era vero? Oppure qualcuno bluffava? Gli interrogativi si moltiplicavano giorno dopo giorno, senza però produrre qualcosa di concreto. Neppure i controlli in pineta, sulla spiaggia e nel lago, seguendo una consolidata liturgia delle ricerche a Viareggio e dintorni, fecero fare mezzo passo avanti alle indagini. Idem nel triangolo Pistoia-Pontenuovo e Chiazzano. Dopo un mese di controlli senza esito, i riflettori cominciarono ad abbassarsi lasciando con il dolore nel cuore i familiari di Isora ed Emanuela: gli inquirenti sperarono in un colpo a sorpresa.

Ma non arrivò. Né nelle settimane successive. Né in seguito. Morale della storia: Isora ed Emanuele sono state inghiottite dalle loro stesse parole, le ultime che avevano detto in casa prima di uscire. Purtroppo, una storia senza lieto fine. Solo tanto dolore dei familiari e l’amarezza degli investigatori.

Giovanni Lorenzini