Adone, fine di un incubo. E' guarito dopo 2 mesi e 16 tamponi

Paolo Loddo si era ammalato a metà marzo. Di lì è iniziato incubo infinito che non potrà dimenticare facilmente. "Il grazie va a chi mi ha curato"

Coronavirus

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Viareggio, 29 maggio 2020 - «Per prima cosa? Farò un passeggiata sul mare". Sulla battigia, a piedi scalzi. Di mattina presto, quando nell’aria calma si sentono le onde infrangersi a riva, si sentono i gabbiani e il vento che agita gli ombrelloni. Quando si può sentire la natura, senza distrazioni. E’ questo che farà Paolo Loddo , non appena arriverà il via libera dell’Asl. Si è ammalato di Covid 19 lo scorso 16 marzo, "o almeno quel giorno è arrivata la febbre"; e ci sono voluti 75 giorni, più di due mesi, per arrivare a dire: "Ce l’ho fatta, ho sconfitto il Coronavirus". Ieri è arrivata la conferma del secondo tampone negativo, che certifica la guarigione. "La prima cosa che ho fatto è stata chiamare mia madre, per darle la notizia". Perché non si smette di essere figli, neppure quando si è padri.

Ora Paolo , molto conosciuto per aver gestito la paninoteca Adone per oltre trent’anni, attende soltanto una formalità: una mail dall’autorità sanitaria. E solo dopo potrà godersi la sua passeggiata. E il mare, solo per lui. "Ormai è questione di ore, quelle che servono per le pratiche burocratiche. Ho aspettato 75 giorni, posso avere ancora un po’ di pazienza". Anche perché non c’è più quel peso sul petto, quell’angoscia che gli ha stretto il cuore sempre più forte ogni volta che il tampone confermava la positività al virus. "Ne ho fatti 16. Sedici test, li ho contati". In questo iter di controlli aveva già ricevuto una risposta confortante. Un tampone risultò negativo; ma subito dopo ne seguì uno dubbio che ne spense l’entusiasmo. Comunque non voglio più pensarci, sono arrivati due tamponi negativi e questo è quello che conta". Ma dimenticare questi 75 giorni non si può, "E forse non voglio – prosegue Paolo -. O meglio vorrei dimenticare la paura che ho provato quando non arrivava l’aria, e non riuscivo a respirare. Quando sono stato ricoverato in ospedale, era il 20 marzo, e dal mio letto ho visto la mia stessa sofferenza riflessa negli occhi degli altri. Ma non voglio dimenticare l’impegno con cui tutto il personale sanitario ha affrontato questa battaglia". Martina Del Chicca