"Non ci fanno andare nemmeno a fare i mercati Però l’acconto delle tasse lo vogliono, e subito"

Preoccupazione dei piccoli produttori che hanno già perso centinaia di migliaia di euro la scorsa primavera

I "piccoli" produttori di stelle viaggiano tra 50 e 100 mila piante pronte da vendere. La stella di Natale media è il "vaso 17", all’ingrosso 4-4,50 euro più Iva. "La situazione è terribile – dice Francesco Tomei dalla sua serra sull’Aurelia Sud – non ci fanno vendere nemmeno ai mercati e hanno limitato anche la grande distribuzione. Eppure la ministra Bellanova a primavera aveva detto che le piante sono deperibili come i prodotti agroalimentari. Invece ora i Comuni hanno detto no, e chi fa fiori recisi è messo peggio di noi. Nel primo lockdown io che sono piccolo ho buttato via 100 mila euro di merce, altri 1 o 2 milioni di prodotti. E ora con che spirito devo piantare i gerani da vendere a fine marzo-aprile, le primule... A marzo ci hanno dato 50 giorni di cassa integrazione, ora nulla. Nel Decreto ristori gli agricoltori non ci sono, eppure le lettere degli anticipi fiscali arrivano lo stesso: e i soldi dove li prendo, se non mi fanno vendere le 60 mila stelle di Natale che ho in serra? Siamo 5 fratelli, tutti a lavorare qua con le famiglie e i dipendenti, Io ho 58 anni con 42 anni e 10 mesi di contributi, sempre piegato a lavorare. Ma i miei figli li ho mandati a fare i dipendenti pubblici: fanno una vita migliore".

In via Fosso Guidario c’è l’azienda di Giampaolo Magnani (nella foto col figlio Filippo) con 100 mila vasi di stelle di Natale pronti per la distribuzione: "Finché tengono Lombardia e Piemonte in zona rossa è un guaio. Queste stelle vanno vendute prima di Natale, o le butteremo. A marzo col lockdown abbiamo perso tutta la coltivazione, ortensie comprese. E lo Stato non ci ha riconosciuto niente perché hanno considerato solo i risarcimenti di aprile. Se ci distruggono anche il Natale finiremo per chiudere, non c’è altra possibilità".

b.n.