di Gaia Parrini
Racconta storie, Francesca Pasquinucci. Così come noi lo facciamo con le parole, lei, illustratrice viareggina, show designer e direttrice, insieme a Davide Giannoni, dello studio creativo Imaginarium, lo fa con la carta e il colore. Con scenografie, videomapping e installazioni multimediali per artisti come Gazzè a Cristicchi, per teatri di opera, e non, in giro per l’Italia, e nel mondo.
Francesca, quando ha capito che l’arte era la sua passione?
"In realtà lo so da sempre. Penso di essere nata con questo desiderio. Ho cominciato da piccola, disegnando Burlamacco".
E quando ha deciso che sarebbe diventato il suo lavoro?
"Ero alle medie. Avevo la passione per le arti visive nella musica, per gruppi e artisti, come Michael Jackson, The Beatles e Renato Zero, con una spiccata teatralità, un forte legame con il visivo e la capacità di raccontare storie attraverso la musica pop rock. Ma non sapevo se quello fosse un mestiere e se, quel mestiere, avesse un nome"
E poi?
"Ho capito che un un nome ce l’aveva, ed era quello di show design, con la progettazione della parte visiva di eventi e il concept dello spettacolo dal vivo, legato anche alle copertine degli album musicali. Ad oggi, mi sento di dire che sto facendo quello che ho sempre voluto".
Ha anche il suo studio...
"Sì, io e Davide, ora mio marito, nel 2011 abbiamo deciso di mettere insieme le nostre passioni e i nostri studi. Io mi ero laureata in Storia del Teatro con specializzazione in show design e ho incontrato lui, che studiava contrabbasso al Conservatorio. Abbiamo capito che la prima forma d’arte per realizzare il nostro progetto era l’opera lirica. Perché la teatralità del pop rock parte tutta da lì, da Monteverdi, Puccini e Verdi".
E perché il nome “Imaginarium“?
"Avevo visto un’illustrazione con questo nome che rappresentava un circo delle meraviglie. Una stanza dell’immaginazione, come il mio studio: un luogo dove poter immaginare, che sia uno spettacolo, un’installazione o un videogioco".
Studio che hai deciso di mantenere a Viareggio.
"Un posto più bello di questo si trova difficilmente. È il luogo migliore per avere uno stile di vita salutare ed è fondamentale anche per la creatività. È come un’isola nel paradiso, non potrei farne a meno".
Se Viareggio fosse un’opera, quale sarebbe?
"Il Flauto Magico di Mozart, perché è un’opera che permette di lavorare con la fantasia. Viareggio è così: è un’opera un po’ pazza".
La influenza nella sua arte?
"Moltissimo, ha un’energia diversa dalle altre città. E poi c’è il Carnevale, da cui la nostra estetica ha assorbito molto".
In che modo?
"Nell’animazione, nei colori, anche sui temi delicati. Nella fantasia, nel gigantismo e nell’artigianalità, perché tutto quello che facciamo nasce dal disegno su carta. Tra l’altro, il mio sogno è di realizzare, un giorno, il manifesto del Carnevale".
È il suo sogno della vita?
"Ne ho molti. Il più grande, forse, è quello di mettere in scena Turandot. Ma non vorrei farlonemmeno troppo a breve, perché è l’opera per eccellenza e, per quella, ci vuole un enorme bagaglio di esperienza".
Nel frattempo?
"Dopo l’ultimo progetto “Ora, i limiti del pianeta“ vorrei portare avanti il lavoro di arte e scienza, con un nuovo modo di fare arte, con le nuove tecnologie, ma con sè, la dose di artigianalità della nostra cultura. Soprattutto, però, quello che voglio fare, è sporcarmi le mani e continuare a metterle nel colore".