Bergamini insiste: "Fateci fare i tamponi"

La farmacia Calandra è stata bloccata perché il personale non è accreditato alla Regione. "Adesso stiamo superando l’ostacolo"

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Si è incatenato, nudo, nel giardino adiacente alla sua farmacia, per una protesta simbolica ma anche "per alleggerire con un po’ di ironia il clima di paura e di incertezza che le persone stanno vivendo". Protagonista della protesta è Giovanni Bergamini, titolare della farmacia ’Calandra’, che in questi giorni sta provando a superare le difficoltà burocratiche che gli impediscono di avviare il servizio di tamponamento.

Da cosa nasce la protesta?

"Da una semplica constatazione: solo tracciando il virus e isolando le persone si può spezzare la catena di contagi e tornare a una situazione di normalità".

E lei come si inserisce in questo contesto?

"Più tamponi si fanno, prima si riuscirà a stoppare questo contagio infinito. Io sono stato uno degli iniziatori della farmacia dei servizi e in questo frangente mi è venuta l’idea di poter allestire un camper o una tenda fuori dalla farmacia, evitando il pericolo di far entrare soggetti potenzialmente a rischio, sviluppando una collaborazione per fare i tamponi direttamente sul territorio. Tanti colleghi la pensano come me: le farmacie sono distribuite in modo capillare e possono avere un ruolo fondamentale nella diagnosi precoce".

Come mai l’idea non è andata in porto?

"Eravamo pronti: avevamo trovato un’infermiera, e dunque una professionalità formata per questa specifica attività, e uno spazio separato, aperto, adiacente alla farmacia ma a debita distanza dalle finestre. Poi la burocrazia si è messa nel mezzo: pare che un’attività di questo tipo fosse possibile solo da parte dei laboratori accreditati, cosa che mi ha mortificato dal momento che i miei collaboratori si erano fatti in quattro per predisporre il nuovo servizio, e avevamo già cinque giorni pieni di prenotazioni importanti".

Ma adesso sembra che la situazione si stia sbloccando?

"Io, e come me tanti colleghi, ho la volontà di collaborare, rispettando le regole e offrendo un servizio. Prima di imbarcarmi in quest’idea l’ho sottoposta al mio legale e non ha avuto niente da eccepire. E ora stiamo provando a saltare gli ostacoli per partire, finalmente".

Pensa che la sua idea possa aiutare la sanità in difficoltà?

"Certo. Anch’io ho dovuto portare un tampone ad analizzare: dietro l’ospedale, 22 chilometri da casa mia tra andata e ritorno. Quante persone devono spostarsi, su mezzi pubblici o magari privati, col rischio di contagiare qualcuno? Coinvolgendo le farmacie, e dunque il territorio, questo problema si evita. E’ un servizio a pagamento e mi dispiace, ma trovo giusto che uno, se può, alleggerisca il sistema sanitario, rendendolo più snello per i meno fortunati".

Daniele Mannocchi