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Storie di famiglia nell’Entrone. Quell’incontro tra i due Boccini

Una foto una storia Ilio e Alessandro nello Straordinario del 1980 erano a prendere il cavallo per Lupa e Selva

Alessandro e Ilio Boccini nello scatto di Augusto Mattioli del settembre 1980

Alessandro e Ilio Boccini nello scatto di Augusto Mattioli del settembre 1980

"Ciao babbo, come va?" La risposta fu perentoria: "Dentro l’Entrone non ci sono babbi e figli!". E la bellezza dei ruoli, e del rituale paliesco, vive spesso fra genitori e figli, appartenenti a diverse Contrade. Ma anche fosse stata la stessa poco sarebbe cambiato. Lo scatto di Augusto Mattioli, come la battuta ormai storica, appartiene alla tratta del Palio straordinario del 9 settembre 1980, quello per Santa Caterina. Protagonisti Ilio e Alessandro Boccini, padre e figlio, il primo della Lupa e il secondo della Selva.

Per la cronaca: in quella particolare occasione andò molto meglio al figlio di Vallepiatta che si portò via il vincente Panezio. Ma forse poco conta in questo nostro particolare contesto. Ilio Boccini è stata una storica figura di barbaresco: ha esordito per la Carriera del 2 luglio 1947 quando alla Lupa andò in sorte Brillante e ha portato l’ultimo cavallo in Piazza il 16 agosto 1955. Ha dalla sua due vittorie, quella del 1948 con Noce ed il fantino Ranco e del 1952 con Niduzza e il Terribile. Un periodo abbastanza fortunato ed importante per il rione di Vallerozzi. Sarà poi sostituito da Irio Vannini, altra figura storica di barbaresco. Il figlio Alessandro è stato ufficialmente barbaresco della Selva in una sola occasione, quella del 16 agosto 1984 quando a Vallepiatta andò in sorte Ascaro de Terralba. Qui è invece nel ruolo, vincente, di chi va a prendere il cavallo dove, guarda caso, incontra il padre Ilio. Destini che si incrociano soprattutto nella battuta di chi in quel momento conosce un solo credo, quello del proprio rione. Guarda caso, alla Lupa andò in sorte Ascaro che poi doveva prendere anche anni dopo la strada per la Selva. Eppure la poesia di questa foto sta tutta nel celato, fino ad un certo punto, affetto fra i due.

C’è l’evidente e malcelato orgoglio dell’appartenenza che ha ovviamente ugual dignità, uguale misura e stessa intensità. Padre e figlio, o madre e figlio, se appartengono a rioni diversi, finiscono per rispettarsi con una punta di soddisfazione anche per la gioia uno per l’altro. È il richiamo della carne. Poi in Piazza ognuno segue i propri istinti, la voce della Contrada, ma la Contrada dell’altro non sarà mai uguale a tutte le altre. Qualcosa resta attaccato alla pelle. Per questo siamo di fronte ad una foto che, da sola, testimonia la profondità di questo modo di vivere. Ma anche il senso della nostalgia, per questi due personaggi e per la loro incrollabile fede.

Massimo Biliorsi