Se il Pd vivacchia, la linea Schlein non c’è

Lo scenario pisano

La rubrica 'Pecore Elettriche' di David Allegranti

La rubrica 'Pecore Elettriche' di David Allegranti

Firenze, 21 maggio 2023 – Per quanto ancora il Pd di Elly Schlein potrà permettersi di vivacchiare nello stato di sospensione che perdura dalle primarie del 26 febbraio scorso? È una domanda che si vanno ripetendo, in questi giorni, i riformisti, cattolici e liberali rimasti nel Pd.

Quelli che Matteo Renzi vorrebbe attirare a sé mentre litiga di brutto con Carlo Calenda, ex leader dell’ex Terzo Polo. Da Lorenzo Guerini a Stefano Ceccanti. Da Graziano Delrio a Giorgio Gori.

Nessuno di loro però – è la conseguente precisazione, riferita in pubblico e in privato – intende lasciare il Pd. Anche perché, se avessero voluto lo avrebbero già fatto tempo fa. La questione dell’identità dei Democratici si ripropone (su riforme, lavoro, economia) ed evidentemente il congresso e le primarie dei mesi scorsi non hanno risolto tutti i problemi.

Le ultime elezioni amministrative, seppur con limiti evidenti forniscono alcune indicazioni utili. Prendiamo il caso Pisa, città che per un soffio va al ballottaggio, tra le sfide più interessanti di queste ultime elezioni amministrative. Dal 2018 è amministrata dal centrodestra guidato da Michele Conti, scelto a suo tempo dalla Lega. Nel 2013 i leghisti nemmeno esistevano a Pisa.

Avevano preso 125 preferenze, lo 0,35 per cento. Nel 2018, il botto: quasi diecimila voti (9.784), cioè il 24,71 per cento. Oggi i rapporti di forza dentro il destra-centro sono cambiati e il primo partito è Fratelli d’Italia.

Con un dato interessante, però: il secondo partito della coalizione è la lista civica del sindaco Conti, che l’altra volta non esisteva; segno che Conti progressivamente ha abbandonato il profilo leghista puntando su un civismo.

Il Pd e la segretaria Elly Schlein, che per due volte è andata a Pisa per far campagna elettorale, si sono messi in testa di riconquistare la città – dove ha studiato Peppe Provenzano, uno degli uomini più vicini a Schlein - con un candidato molto di sinistra, proveniente dalle Acli, di cui è stato presidente provinciale, Paolo Martinelli (esponente insomma di quel catto-schleinismo che oggi va per la maggiore nel Pd).

Al di là del risultato del primo turno, con Conti che per pochissimi voti è costretto al ballottaggio (49,96 per cento) staccando l’avversario fermo al 41,12 per cento, c’è un dato molto interessante che emerge dall’analisi dei flussi elettorali firmata da Salvatore Vassallo per l’Istituto Cattaneo: "Se l’effetto Schlein era stato in generale sopravvalutato nelle attese della vigilia, a Pisa avrebbe potuto avere un certo impatto".

Pisa, insomma, "era la città in cui la ‘ricomposizione e rimobilitazione della sinistra’ promossa dalla nuova leader del Pd avrebbe potuto riportare l’equilibrio elettorale delle comunali più vicino a quello delle elezioni politiche.

Ma invece questa volta il CD ha mancato per un soffio la vittoria già al primo turno". La ricomposizione del popolo della sinistra non c’è stata, osserva Vassallo, anzi: una quota non marginale di elettori che alle elezioni politiche avevano votato per la coalizione formata da Pd, Sinistra e + Europa a queste amministrative ha sostenuto il sindaco uscente Michele Conti. Si tratta dell’8,5 per cento. Effetto Schlein – al contrario – o effetto Conti?

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