Il film delle elezioni. A nessuno va l'Oscar

Secondo l’ultima rilevazione IZI il partito di Conte è al 13%. Potrebbe ancora crescere, a danno del Pd e della coalizione di sinistra-centro. E il merito è del partito di Letta

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 4 settembre 2022 - Sorpresa, il M5s sta recuperando nei sondaggi. Secondo l’ultima rilevazione IZI “Scenari di governo”, il partito di Beppe Conte è al 13 per cento. Potrebbe ancora crescere, a danno del Pd e della coalizione di sinistra-centro. E il merito è del partito di Enrico Letta. Ma rivediamo tutto il film.

In piena estate, i partiti discutono di alleanze per le elezioni politiche del 25 settembre. Letta e Carlo Calenda avviano una trattativa, che si conclude apparentemente positivamente. Il leader di Azione però non vuole avere nulla a che fare con Sinistra Italiana, Verdi e Articolo1, con cui invece una parte consistente del Pd intrattiene rapporti che proseguiranno anche dopo le elezioni. I soliti Peppe Provenzano, Goffredo Bettini, Andrea Orlando. Orbene, Calenda rompe l’accordo, viene accusato di tradimento da parte di Letta & soci e il Pd si ritrova con una coalizione di sinistra-centro. Di più: Letta regala agli alleati (uno a caso: Articolo1) un certo numero di posti in collegi sicuri, c’è chi dice eccessivo (citofonare Lorenzo Guerini). Calenda a quel punto rimane da solo, perché Emma Bonino sceglie di restare con il Pd, non destando peraltro particolari sorprese, e si allea con Matteo Renzi per il Terzo Polo.

A proposito di Renzi, c’è un dettaglio non secondario da analizzare: Letta nelle citate discussioni estive sulla coalizione è pronto ad accogliere Calenda, ma non l’ex presidente del Consiglio, sul quale anzi c’è un veto di paura. Scelta politicamente inspiegabile, se non con antichi timori pre-parigini, anche perché se lo schema è quello della “Agenda Draghi” allora la coalizione è già pronta.

Poi c’è Conte, che spera di rientrare nell’accordo della sinistra-centro ma Letta, che mostra vibrante intransigenza, dice no a chi ha fatto cadere il governo Draghi. Tra questi non ci sono appunto solo Matteo Salvini o Silvio Berlusconi ma pure l’ex amico del cuore progressista Conte. C’è però un problema non da poco: se vuoi fare l’alleanza costituzionale contro “le destre” e dici che Giorgia Meloni è la fascista che tutti dobbiamo temere, allora serve davvero la coalizione TTG&F, Tutti Tranne Giorgia & Friends. Altrimenti gli occhi della tigre sono gli occhi del cuore di Boris. Ma questo non sembra essere molto chiaro al Pd, che ha dunque perso l’occasione di non far nascere il Terzo Polo, perso l’occasione della grande alleanza repubblicana e infine perso l’occasione di diventare il primo partito (seppur perdente, a vantaggio della complessiva coalizione di centrodestra). Dunque non deve stupirci questa perdita di consenso elettorale.

Un elettore riformista - qualsiasi cosa voglia dire questa parola oggi - magari ex renziano può trovare risposte nell’alleanza Azione-Italia Viva. Un elettore populista può invece trovare altre risposte nel M5S. Sono risposte che invece non può dare il Pd, che cerca di recitare troppe parti in commedia. Il partito di Letta non è mai uscito dalle ambiguità, che forse solo un congresso può parzialmente risolvere. E infatti c’è da aspettarsi che già dal 26 settembre nel Pd arriveranno richieste di congresso. La cui velocità d’esecuzione dipenderà da quanto bene o male andranno i Democratici alle elezioni.

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