La civicità può far colpo. Ma Schmidt ancora tace

La premier Meloni non ha ancora deciso (come Elly Schlein) se candidarsi per dare la dose “booster” a FdI, andando oltre il 30%. Certo, rischia di umiliare gli alleati

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 14 gennaio 2024 - Ma insomma l’ex direttore degli Uffizi Eike Schmidt si candida o non si candida? Non avrebbe dovuto prendere una decisione entro l’Epifania? Forse la coalizione di destra-centro è in altre faccende affaccendate. A febbraio ci sono le elezioni regionali in Sardegna e il duello è fra Fratelli d’Italia e Lega sul candidato; i primi vogliono il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, mentre i leghisti chiedono la conferma di Christian Solinas, presidente uscente. C’è dunque la questione del terzo mandato per i presidenti di Regione, con uno sguardo privilegiato al Veneto, dove Luca Zaia non sarebbe ricandidabile. Anche lì, un duello fra Fratelli d’Italia e Lega: se non c’è più Zaia, il partito di Giorgia Meloni chiede di poter indicare il candidato. C’è poi quella faccenda delle Europee, con sovrabbondanza di nannimorettismi: mi candido, non mi candido, mi candido ma mi metto in disparte.

Con calma, insomma, arriveranno anche le decisioni su Firenze? È sempre stata proverbiale la capacità del centro-destra fiorentino, oggi destra-centro, di ridursi all’ultimo momento utile per individuare il candidato alle amministrative. Ma forse stavolta Schmidt, che si presenta come civico e centrista aristotelico, e sembra essere più scafato di tanti professionisti della politica, ha davvero bisogno di un supplemento di ragionamento, per capire se sia meglio fare il direttore al museo nazionale di Capodimonte o buttarsi nella mischia fiorentina, tra stadi, tramvie e transizioni para-ecologiche (e a proposito, una domanda nella domanda: ma a che serve il decantato “scudo verde” se, ogni volta che c’è una partita a Campo di Marte, arrivano migliaia di motorini sgasanti?). Va bene, è comprensibile. Ma se alla fine Schmidt non ci fosse, convinto che non tutta la destra lo sosterebbe come merita, che cosa sceglierà la coalizione che governa Palazzo Chigi e spera, per una volta, di arrivare anche a Palazzo Vecchio? La destra toscana in questi anni ci ha abituati a numerose vittorie grazie anche alla selezione di una adeguata classe dirigente, senz’altro una novità rispetto agli anni precedenti. Da Michele Conti, che a Pisa alle ultime elezioni si è anche inventato una lista civica che vale il 14,5%, seconda nella coalizione, a Alessandro Tomasi, che a Pistoia ha vinto grazie anche alla sua lista con il 17,3%, più di Fratelli d’Italia (14,2).

Denis Verdini anni fa profetizzò la “civicità” come soluzione per farsi riconoscere dall’elettorato toscano, che non ama gli estremismi. Specie a Firenze. Forse, come in altre circostanze, la verità sta nel mezzo: la sfiducia nei confronti dei partiti è elevata, ma i candidati impolitici non possono fare a meno del minimo che le strutture politiche possono garantire. A Firenze, tuttavia, l’alternativa della destra a Schmidt non potrebbe essere la candidatura di uno dei leader storici della coalizione, che dovrebbero invece avere la generosità di praticare una “leadership from behind”, guidando la coalizione dalle retrovie.

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